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Il corso “Violenza di genere e relazione d’aiuto” è una formazione sulla relazione d’aiuto con persone vittime di violenza. Il corso fornisce competenze necessarie all’individuazione della violenza nella relazione d’intimità e all’analisi dettagliata del fenomeno, con particolare attenzione alle dinamiche psicologiche e comportamentali agite nella relazione. La formazione permette di acquisire strumenti indispensabili al sostegno e all’uscita dalla spirale della violenza, sia per chi la subisce sia per chi la agisce.

Venere 50 è tra i soggetti organizzatori di questa formazione e ogni mese vi propone un’intervista per presentarvi le docenti e i docenti del corso.

 

Qual è la tua professione?

Esercito la professione di ginecologa da più di 30 anni. Credo nella medicina integrata, utilizzo la fitoterapia e l’omeopatia e ho una grande attenzione per gli aspetti emozionali e psicologici che identificano le persone. Sono fondatrice e presidente della Cooperativa Medica Agorà di Bologna che da anni si occupa della salute delle donne e collaboro a quella splendida realtà che è Venere 50, blog dedicato alle donne soprattutto nella seconda metà della vita.
Mi sono specializzata in psicoterapia analitica ad indirizzo junghiano e lavoro con gruppi di donne per scoprire e valorizzare gli aspetti creativi dell’anima femminile.

Che cosa evoca in te la violenza di genere?

Da sempre la condizione della donna è stata il centro del mio interesse e del mio impegno e sono grata al femminismo perché ha risvegliato la mia coscienza e mi ha introdotto alle tematiche di genere. Violenza è una parola che evoca la fatica di vivere nel mondo patriarcale ed è una modalità con cui spesso i rapporti fra maschi e femmine sono regolati. Violenza è ciò che come donne accettiamo dalla famiglia che ci educa e dalla società in cui siamo immerse e violenti sono spesso i rapporti all’interno dei quali viviamo e di cui subiamo i modelli. Violenta è la fragilità e l’impotenza del mondo maschile che vede nella coercizione e nella sopraffazione fisica l’unico modo per comunicare con le donne. Ciò che nasce in me come reazione istintiva a tutto questo è l’imperativo ad esprimere nel mio lavoro e nella quotidianità, la passione e l’impegno che l’essere donna merita.

Qual è la cosa più importante che desideri trasmettere a chi si è iscritto al corso?

Chi ha scelto di occuparsi di questo tema ha evidentemente una sensibilità attivata e un coinvolgimento autentico nei confronti della violenza di genere.
Mi piacerebbe che ciò che dico e come lo dico risuonasse profondamente con l’interesse di questi operatori. Io mi occupo di integrazione mente / corpo e cerco di declinare questo aspetto in tutti i modi possibili; siamo un’unità che comunica con ciò che ci sta attorno, la nostra storia, la nostra biografia sono collegate a quella di chi ci ha preceduto e di chi ci seguirà ed esserne coscienti aiuta a migliorare la qualità della nostra vita e dei nostri rapporti.
Chi si appresta a dare aiuto deve sentirsi all’interno di un sistema che comprende la vittima e il carnefice e deve coltivare la preziosa intimità che la relazione di aiuto necessita. È importante trovare comunque la giusta distanza per vivere il proprio ruolo senza esserne risucchiati.

Indica un’azione concreta che ognuna/o di noi può fare nel quotidiano per contrastare la violenza di genere.

L’agire rispettoso e attento è quanto mi sento di suggerire e che io stessa cerco di mettere in pratica nel mio vivere quotidiano e ancor più nel rapporto con le donne che chiedono il mio aiuto.
Inoltre vivere la “sorellanza” come valore e tutela fra donne, penso sia un atto veramente e autenticamente materno che dobbiamo sentire come distinto dall’amicizia e che possiamo utilizzare come una vera e propria arma di difesa comune.