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L’Italia è un paese letteralmente spaccato a metà quando si parla di occupazione femminile e lo dimostrano i dati recentemente forniti dalla titolare del Ministero del lavoro Nunzia Catalfo.

 

«solo il 33% di coloro che hanno tra i 15 e i 64 anni ha un impiego contro il 60% di quelle del Nord » possiamo leggere in un passaggio di un suo post pubblicato du Facebook

Ma non finisce qua: «nel Meridione l’incidenza dei lavori a bassa retribuzione è molto più alta per le donne che per gli uomini. A peggiorare questo squilibrio interviene inoltre la carenza di sostegni alle famiglie, come asili nido e assistenza agli anziani, che sfavorisce l’occupazione femminile»

 

Quali soluzioni di continuità possono o devono essere adottate, secondo la ministra Catalfo?

«Per tanti, troppi anni di questo tema si è dibattuto senza mai arrivare a delle soluzioni efficaci. Adesso, invece, abbiamo la possibilità di ricucire concretamente questo divario.
L’empowerment femminile è, infatti, uno degli argomenti su cui sto maggiormente focalizzando la mia azione da Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali in vista del piano di riforme da presentare all’Europa per avere accesso agli stanziamenti del Recovery Fund.
Gli obiettivi principali sono due:
1 Favorire l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, attraverso – per esempio – la programmazione di incentivi alle assunzioni e la creazione di percorsi formativi fondati sull’acquisizione di nuove competenze, con particolare riguardo alle discipline Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), in grado di rispondere ai nuovi fabbisogni occupazionali.
2 Incentivare la permanenza nel mercato del lavoro delle lavoratrici madri, mediante il contrasto al part-time involontario, alle dimissioni “in bianco” e la promozione di strumenti di condivisione delle responsabilità genitoriali e dei carichi di cura.
A tutto ciò, va aggiunta la riduzione del divario retributivo di genere, con incentivi sulla retribuzione di risultato che portino le imprese ad adottare indici di produttività gender oriented».

 

Vedremo dunque se questa sarà l’occasione per invertire una tendenza che l’epidemia del COVID-19 ha reso ancora più grave, come abbiamo avuto più volte modo di segnalare in questo spazio.

I dati forniti dal ministero sono drammatici e impietosi, assolutamente inaccettabili eppure reali. In questa rubrica invitiamo non solo a ”pensare in rosa”, ma soprattutto ad agire, perché senza azioni concrete, nulla potrà mai cambiare e la speranza di raggiungere una vera giustizia sociale e una doverosa parità di genere, rimarrà, come lo è stata fino ad oggi, una vergognosa lettera morta.