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Le vie della disparità di genere sono lastricate di buone intenzioni: così ci verrebbe da dire, rimaneggiando un vecchio detto. Ma perché questo pessimismo?

Ce lo spiega Maria Cristina Origlia sulle pagine del Sole 24 ore, ricordando come l’anno appena passato si sia caratterizzato per le tante iniziati che, a livello mondiale, hanno richiamato le istituzioni e il privato a porre rimedio alla vera e propria piaga del gender gap, sensibilmente aggravata dai due anni di pandemia che hanno ulteriormente colpito le donne, mettendole ancora più ai margini nel mondo del lavoro. Un problema planetario che ben è rappresentato dalla situazione italiana, come ricorda Maria Cristina Origlia: il nostro paese è attualmente  al quattordicesimo posto con un punteggio di 63,8 punti su 100, inferiore di 4,2 punti alla media UE nella classifica del Gender Equality Index dello European Institute for Gender Equality.

Il PNRR, che dovrebbe finanziare anche iniziative e capitoli di spesa per la riduzione della disparità di genere, potrebbe non essere sufficiente a centrare questo obiettivo, perché gli investimenti non possono essere l’unica strada per affrontare un problema la cui soluzione è evidentemente e principalmente di ordine culturale.

Potranno comunque essere i piani di sviluppo tecnologico e ambientale a incoraggiare un progresso? La speranza, ovviamente, è che lo sia, ma le premesse, come spiega l’articolo che vi invitiamo a leggere nella sua interezza, non sono delle più incoraggianti.