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Questa settimana, Venere 50 ha incontrato Anna Ascari socia di un laboratorio artigiano specializzato nella realizzazione di prototipi di capi d’abbigliamento maschili e femminili.

Anna, quando è iniziata la tua storia professionale nel mondo della moda?

È iniziata negli anni 80 dopo la maturità. Me li ricordo come anni estremamente stimolanti da tutti punti di vista; la moda era il collettore di vari linguaggi artistici, da quello della musica, dell’arte, Insomma c’era grande vivacità, a differenza di adesso. Io stessa, nel mio lavoro mi facevo contaminare e riportavo tutte le suggestioni del momento. Anche a livello relazionale, c’era maggior dinamicità e più scambio.

La tua realtà è fortemente legata al distretto della moda di Carpi, com’è cambiato negli anni?È cambiato in peggio! Fino agli anni ’90 e primi 2000 si investiva ancora le a maggior parte della produzione rimaneva in Italia. Nel momento in cui si è iniziato a delocalizzare tutto, processo iniziato anni prima, ma esploso dopo gli anni 2000 con la globalizzazione, è iniziato il declino. Si è iniziato a spostare prima la produzione, poi anche il know out e i campioni nei paesi dove la manodopera costava poco, dove mancava una tutela dei lavoratori e si è distrutto tutto il tessuto artigianale industriale della moda italiana.
I primi paesi verso cui si è andati sono stati la Turchia e la Polonia paesi privi di ogni tutela dei lavoratori.
Ad esempio qui a Carpi c’è sempre stata un fortissimo artigianato della maglieria, in ogni garage c’era un laboratorio e questo è tutto sparito: un’immensa perdita, non solo economica anche relazionale e culturale.

Oggi si parla di tracciabilita’ dei capi d’abbigliamento al fine di rendere trasparenti i processi produttivi, la provenienza dei tessuti, la riduzione del lavoro minorile e l’attenzione alla salute. Tu, cosa ne pensi?

,Sarebbe giustissimo ma mi pare un’utopia. Purtroppo quello che io noto è che ormai in tutti i settori produttivi vale solo il ‘valore’ del prezzo basso. E’ qualcosa che è entrato nella mentalità delle persone e se anche a parole si dice diversamente, quello che vedo, nei fatti, è che le persone continuano a considerare come unico parametro il costo basso. Se non cambia la mentalità la vedo difficile.
Tra l’altro noto una grande pretesa e come una dissociazione, nel senso che le persone pretendono capi belli, di buona fattura, di buoni tessuti e che costino poco,  senza rendersi conto  che per avere tutto questo qualcuno subisce e viene sfruttato

Il mondo della moda sta pagando un prezzo altissimo a causa della pandemia, ma a differenza di altri settori, come quelli dello spettacolo o della ristorazione, si fa poco sentire, come mai, secondo te?

Ecco non lo so! Me lo chiedo anch’io che sto vivendo un momento drammatico, ma non so proprio a chi rivolgermi. La percezione è che si è tutti cani sciolti.
Parlo soprattutto delle grandi realtà che sono quelle in grado di avere voce in capitolo ma quello che ho percepito e sentito in via informale è che ci sono interessi diversi e non c’è la capacità di unirsi e di fare fronte comune.

Come Collettivo Venere 50 ci piace parlare di moda citando la frase di Vivenne Westwood “compra meno scegli bene fallo durare”:  pensi sia possibile in futuro vedere applicata questa visione?

Sarebbe meraviglioso E se torno a pensare ai primi anni della mia attività ricordo che nonostante la superficialità degli anni 80 c’era proprio l’interesse alla storia della moda e quindi anche alla storia dei capi. Ogni capo veniva prodotto con un’idea creativa e  sarebbe molto bello tornare a recuperare la consapevolezza  che dietro ogni capo c’è una storia. Questo aiuterebbe probabilmente a invertire la mentalità del ‘tanto a prezzo basso’ e si avvicinerebbe di più a quanto detto.
Oggi si vedono le grandi firme che stanno lavorando nell’ottica del riciclo e va bene, ma i piccoli invece sono ancora totalmente legati all’utilizzo di tessuti come il poliestere ,tessuti assolutamente nocivi per l’ambiente. Ma riusciamo ad essere consapevoli rispetto a quanto tempo sarà necessario per smaltire smaltire l’enorme quantità di capi prodotti con materiali scadenti ? E riusciremo a cambiare rotta?