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Questa settimana il magazine Internazionale racconta due diverse storie di attivismo femminile, una ambientata in Polonia, a pochi giorni dalla sentenza della Corte Costituzionale polacca che di fatto rende l’aborto illegale e l’altra a Cleveland, la più importante cittadina dell’Ohio, uno degli swing state, la cui assegnazione nelle prossime elezioni statunitensi del 3 novembre, potrebbe contribuire a conquistare la presidenza ad uno dei due candidati.

 

Andrea Pipino nel suo articolo ricostruisce i contenuti della sentenza dello scorso 22 ottobre promulgata dalla Corte Costituzionale, che ha limitato il diritto di aborto solo ai casi di pericolo di vita per la donna o per gravidanze conseguenti ad uno stupro o ad un incesto.

Una sentenza che ha persino spaccato le fila del ultraconservatore partito di maggioranza Diritto e giustizia (Pis), provocando una frattura che le manifestazioni di questi ultimi giorni a Varsavia, Poznan,  Breslavia, Stettino, Katowice e Cracovia cercano di rendere sempre più profonda. Manifestazioni partecipate e organizzate da migliaia di donne, il cui attivismo potrebbe cominciare a mettere dei freni alla deriva sempre più conservatrice e reazionaria di un paese finito nel mirino dell’Europa per le sue sempre più frequenti minacce, se non dirette violazioni, dello stato di diritto.

 

Dall’altra parte dell’oceano, Elaine Godfrey, giornalista del The Atlantic, racconta della rinascita di nuove forme di attivismo civile e politico negli Stati Uniti che si preparano al voto del prossimo 3 novembre per eleggere il prossimo presidente.

L’articolo di Elaine Godfrey si concentra sulla crescita di un piccolo gruppo di attiviste di Cleveland, guidate dalla sessantunenne Susan Polakoff Shaw, una donna che ha scelto di fare qualcosa di più che essere una semplice elettrice del partito democratico. Lo spauracchio di una possibile rielezione di Donald Trump è stato l’evidente motore del suo impegno e di quello di centinaia e poi migliaia di altre attiviste che hanno cominciato a darsi da fare non solo per orientare il voto nazionale del prossimo martedì, ma anche a livello statale e locale, per incidere capillarmente in quei territori che i repubblicani avevano strappato nel 2016 e che i democratici sperano di riconquistare nelle prossime elezioni.

 

Susan Polakoff Shaw e le attiviste che hanno fondato il gruppo GRR (Groundroots Resitance – Resistenza dal basso) segnano un’importante soluzione di continuità, frenando quella progressiva curva di disaffezione da parte dell’elettorato democratico rispetto all’attivismo e alla partecipazione alla vita politica del paese, provando a  rappresentare una delle armi in più che il candidato Joe Biden potrebbe trovarsi a disposizione in uno dei momenti più delicati che l’acciaccata democrazia statunitense abbia mai attraversato.