Chiara Ferragni ha 33 anni, quando ne aveva 21 ha creato il blog Blonde Salad, punto di partenza di una carriera che, da influencer, 12 anni dopo l’ha condotta ad essere manager di un piccolo impero economico.
Un piccolo impero che ha un nome, Sisterhood (sorellanza), società della quale Chiara Ferragni detiene il 99% e che sembra avere ancora ulteriori margini di crescita, considerando il recente acquisto del 14 % delle azioni Tod’s, ramo d’impresa che si va ad aggiungere alle altre attività della Sisterhood, elencate in un recente articolo di Gianluca Paolucci pubblicato da La Stampa.
Perché oggi ci interessiamo di questa giovane e milionaria imprenditrice? Forse perché ci è sembrato rilevante il suo percorso. Ci è sembrato interessante vedere Chiara Ferragni come la cartina di tornasole dello snobismo, della prevenzione, del maschilismo e dei pregiudizi che attanagliano il nostro paese.
Guardata con sufficienza da sinistra per la sua professione di influencer (professione che impone la costruzione e la promozione di una forte e riconoscibile immagine pubblica) o per l’esibizione delle sue maternità, attaccata da destra per le sue dichiarazioni dopo l’omicidio di Willy Monteiro a Colleferro (“Il problema lo risolvi cancellando la cultura fascista”, fu il suo commento) o addirittura criticata da entrambe le parti per il suo impegno, insieme al marito Fedez, a sostegno dell’ospedale san Raffaele e per altre iniziative di beneficenza, Chiara Ferragni non sembra mai essersi scomposta, anzi, ha sempre rilanciato.
Ora, non è questo un articolo di celebrazione e non intende affatto esserlo, ma è sicuramente un’occasione per considerare, per l’ennesima volta, che il successo di una donna, nel nostro paese, finisce sempre per essere fonte di malmostosità, di sottile o grossolano rancore, come di cronici tentativi di delegittimazione, sintomi di una società che ancora ha enormi difficoltà ad accettare e digerire che una giovane donna possa dare lezioni d’impresa a molti maschi più vecchi di lei o che si possa permettere di esprimere le proprie opinioni o fare beneficenza o mostrare le sue foto durante una gravidanza.
Non possiamo, infine, compiacerci un po’, nel sapere che il nome della sua società, riprenda un termine, ‘sorellanza’, che a Venere 50 è particolarmente caro. Certo, è solo un nome, ma che per noi è particolarmente suggestivo e allora non possiamo fare altro che esprimere l’augurio che possa essere d’ispirazione a Chiara Ferragni e la possa guidare in una sua personale battaglia per incoraggiare e sostenere la ‘sorellanza’ tra le donne nel nostro paese. Anche e soprattutto nei panni di imprenditrice.