La prossima settimana cominceremo a condividere in questo spazio gli interventi del convegno PiacereMio! svoltosi a novembre 2020, il primo appuntamento tematico realizzato da Venere 50.
Il tema trasversale di questo incontro ha riguardato il macro tema dello stereotipo legato all’identità sessuale femminile nella seconda metà della vita.
Tutti gli interventi sono stati tesi alla destrutturazione dello stereotipo, consapevoli che esso ha una sua funzione ordinatrice, necessaria per la gestione psicoemotiva della moltitudine di eventi che ogni giorno la nostra mente deve organizzare, ma che diventa pericoloso quando s’irrigidisce in una narrazione a senso unico.
L’intento del collettivo è stato dunque quello di smontarlo al fine di darne una visione più ampia e meno deterministica sulla catena dei comportamenti. In particolare, sappiamo che il primo effetto che produce lo stereotipo è quello di generare dinamiche di discriminazione.
La scorsa settimana avevamo affrontato il tema parlando di identità sessuale LGBT in quanto minoranza con Margherita Graglia, considerando la necessità di operazioni culturali/informative che portino al superamento dello stereotipo attraverso percorsi di inclusione, non solo per contrastare le discriminazioni, ma ancora di più per valorizzare le differenze.
Oggi a stimolare la nostra riflessione è l’ultimo libro dello psicanalista Francesco Stoppa, Le età del desiderio ed in particolare il riferimento all’analogia del desiderio tra adolescenza e terza età.
La stessa analogia era stata fatta dal nostro collettivo rispetto all’adolescenza e alla menopausa. Stoppa considera queste due età simili e complementari in quanto stagioni in cui l’individuo affronta le dimensioni meno addomesticate della vita e in cui è chiamato a una ridefinizione dell’identità.
Abbiamo trovato similitudini anche nella concezione del desiderio che viene inteso non come una spinta energetica sostanzialmente fallica, ma al contrario come un atto ricettivo di resa, un cedimento, il fondersi delle resistenze dell’io al contatto incandescente con la nostra vera natura.
Si tratta dunque dell’attraversamento di soglie critiche oltre cui si rende necessaria una rinegoziazione dell’identità e in cui è facile provare quella sensazione di sporgersi pericolosamente verso il lato meno rischiarato della vita.
In questo senso percepiamo una frattura che ci divide dall’immagine che ci siamo fatti di noi stessi e che altri ci hanno cucito addosso. Il sapere consolidato non serve più, ma si tratta di produrre un nuovo sapere.
Stoppa sottolinea l’aspetto positivo nella terza età, quello del non dover più giustificare il proprio esistere, un privilegio che invece non è concesso all’adolescente e parla anche di ‘auctoritas’ che non deriva solo dall’esperienza, ma dal fatto di incarnare una dimensione dell’esistenza finalmente libera dalle logiche dell’utile e del profitto.
E proprio questo privilegio è al centro del percorso che abbiamo cominciato attraverso il convegno e i podcast di Piacere mio!, prime tappe di un viaggio che ci auguriamo lungo e ricco di sorprese!