di Daniela Grenzi
Quest’estate, grazie al mio maestro di yoga, ho riletto il mito platonico di Eros e ho pensato fosse importante condividerlo in questa rubrica che parla di desiderio.
Anche perché la prospettiva da cui stiamo guardando i fenomeni amorosi è una prospettiva psicologica a forte impronta junghiana e per il padre dell’ inconscio collettivo è attraverso i miti cheancora oggi noi possiamo leggere l’animo umano. I miti sono narrazioni in cui i personaggi sono eroi e divinità, una forma idealizzata d’umanità le cui gesta vengono tramandate di generazione in generazione, come patrimonio culturale di inestimabile valore.
Quindi, anche la storia fantastica di Eros dice molto di noi e del nostro modo di funzionare in amore, ma non solo.
Leggendo il testo originale del Simposio di Platone, scopriamo come nasce Eros:
«In occasione della nascita di Afrodite, gli dèi si trovavano a banchetto, e tra questi c’era anche il figlio di Saggezza, cioè Espediente (Pòros). Dopo che ebbero pranzato, venne a chiedere l’elemosina, come accade quando c’è una festa, Povertà (Penìa); e stava vicino alla porta. Espediente, ubriaco di nettare (ché il vino ancora non c’era), entrato nel giardino di Zeus, era stato colto da un sonno profondo. Allora Povertà, escogitando, per la sua miseria, di avere un figlio da Espediente, gli si sdraia accanto e concepisce Eros».
Se ci atteniamo ai caratteri genetici del nostro dio, ritroviamo il gene della povertà, Penia, la madre e il gene dell’espediente, Poros, il padre; Eros esprime allora il sentimento della mancanza contravvenendo all’opinione comune che vede nell’amore un sentimento di pienezza.
Infatti, se analizziamo più a fondo il testo di Platone vediamo che il filosofo si rifà al pensiero di Aristofane che narra che un tempo gli essere umani fossero perfetti senza distinzione tra uomo e donna; non mancavano di nulla, avevano il doppio di tutt, due teste, quattro braccia, due organi riproduttivi, quattro gambe, eccetera . Ma poi Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due e da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale trova l’antica perfezione.
Ma essendo il mito una storia stratificata, esiste anche un’altra lettura che ci presenta Eros come dio della filosofia. Si, Eros rappresenta anche l’amore per il sapere, per la conoscenza.
Infine, tornando a Jung e all’amore ricordiamo che il primo sapere di cui ci dobbiamo attrezzare è il ‘sapere di noi stessi’; la prima mancanza che dobbiamo andare a vedere e a colmare è con noi stessi, altrimenti rischiamo, soprattutto negli affari di cuore, di confondere l’altro con la nostra mancanza.
Daniela Grenzi: si laurea prima in Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo presso l’Università di Bologna e poi consegue la laurea Specialistica in Psicologia presso l’Università di Padova. Continua gli studi in ambito psicologico specializzandosi in Psicoterapia Analitica ad indirizzo junghiano.