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Venere 50 vi propone una chiacchierata con Francesca Rasola, operatrice socio sanitaria, counselor professionista e facilitatrice del gruppo di ascolto e condivisione Lgbtq+, Radici di Cuore.

Quest’anno presso il Centro Armonico Terapeutico ha preso vita il gruppo Radici di
Cuore di cui sei facilitatrice; ci racconti di cosa si tratta?

Radici di  Cuore è un gruppo d’ascolto e condivisione  che si occupa di relazioni
affettive,  sessualità e identità di genere.
Questo progetto è nato all’interno del Centro Armonico Terapeutico di Campogalliano di
Modena,  nel 2016.   Mi piace ricordare che la fondatrice del gruppo è stata Amanda Franco
Molinari, per me e molti altri una carissima collega counselor, amica e compagna di lotte
nell’ambito della comunità lgbtq+.
Amanda ha creato questo gruppo con l’intento di dare voce e spazio non solo alle tematiche che più
riguardano questa comunità, poiché era fondamentale offrire l’opportunità di potersi
esprimere in un contesto protetto, sicuro e libero da giudizi e pregiudizi sulla proprie scelte
di vita intima e relazionale.  Per me è importante ricordare questo aspetto storico del
gruppo, perché è qui che affonda le sue radici.  Successivamente, dopo la sua scomparsa
nel 2017, il gruppo è rimasto fermo, in sospeso, finché, nel 2018 sono stata invitata dalla
psicoterapeuta Daniela Grenzi  a riprenderlo in mano e dargli nuovamente vita,
collaborando anche con altri conduttori.

Nel tempo il gruppo ha avuto delle evoluzioni, cambiando il nome più volte ed è stato
attraversato da tante persone, ma nella sostanza dei contenuti e delle tematiche proposte
è sempre rimasto lo stesso.
Mi sono sempre sentita orgogliosa e felice di far parte di questa storia, che è anche la mia,
di questo progetto che per me è un punto di riferimento nel mio percorso di crescita.
Sono grata che Amanda abbia lasciato al CAT e alla città di Modena questa bellissima
eredità di cui dobbiamo, a mio avviso, essere tutt* fieri.
Dopo la pandemia,  il nome del gruppo è diventato Radici di Cuore, un haiku  molto sentito , con la volontà di fare rete  per il gruppo e per chi,  come me, sente la necessità di avere un luogo fatto di
ascolto gentile, di storie da raccontare e di persone che hanno voglia di riconoscersi nell’
altr*.

Come collettivo Venere50, ci inseriamo tra i vari soggetti che si stanno confrontando sul
tema del poliamore. Quali tra i concetti del poliamore trovi più interessanti?

Nel nostro gruppo d’ascolto è emerso da qualche tempo anche questo argomento e più
in generale, quello delle  varie forme relazionali non monogame.
Tra i principi cardine del poliamore, c’è quello del consenso. Personalmente lo ritengo
molto importante, perché credo che alla base ci sia l’attenzione e il rispetto dei bisogni dell’
altr* oltre ai propri , accompagnata da una sana comunicazione. Questo prevede il mettersi costantemente in gioco. Sinceramente penso sia un aspetto imprescindibile di ogni relazione che sia di
tipo affettivo, amicale o nelle relazioni in generale.
Inoltre lo trovo importante come aspetto, in quanto l’idea di fondo è quella di non dare per
scontato la relazione con l’altra persona, le dinamiche interne o la direzione da
prendere, né, tanto meno, pensare che i miei bisogni possano essere più importanti di
quelli dell’altr*, tanto da evitare il confronto e la comunicazione.

Quali principi, se ci sono, trovi invece dissonanti da te?

Più che dei principi dissonanti da me, un aspetto sul quale rifletto spesso è il tema della
gelosia, con tutte le sue varie emozioni.
Ovviamente è qualcosa che sento anch’io nelle sue diverse intensità e sfaccettature, con
la consapevolezza che spesso riguarda dinamiche di possesso o mie insicurezze
personali.
Secondo me nessun* è esente dal provare questo sentimento, fosse anche nella sua
minima espressione, per questo credo sia necessario fare un lavoro continuo su se stessi,
riconoscendo le proprie fragilità, le proprie emozioni e sviscerare a fondo ciò che ci può far
provare gelosia.
A mio parere è necessario mettersi in ascolto, essere molto onesti con se stessi e
comunicare apertamente con l’altr* i propri bisogni, emozioni ed i cambiamenti che ci
riguardano, riconoscendo di avere anche dei limiti o delle insicurezze.
Se riuscissimo a decostruire molte dinamiche relative alla gelosia, sarebbe  un enorme
passo avanti, che significherebbe relazioni più sane, forse più equilibrate e indubbiamente
diminuirebbe  il livello di violenza e aggressività tra le persone.

C’è un’idea poliamorosa che troviamo particolarmente interessante, la compersione
perché ci rimanda a un principio buddhista per noi illuminante, che è la compassione e
cioè provare felicità per la gioia dell’altro. Tu cosa ne pensi?

Penso che sarebbe  una grandissima rivoluzione culturale se riuscissimo a metterla in
pratica davvero.  Nella nostra società non veniamo educati ad essere felici per il nostro o la nostra partner, quando non siamo esclusivamente noi l’oggetto della sua felicità. La compersione è
idealmente un sentimento meraviglioso, ma ancora lontano dalle dinamiche relazionali a
cui siamo spesso abituati,  per educazione e cultura appunto.
Secondo me è utile provare a destrutturarsi, abbattendo stereotipi come, per esempio,
pensare di poter possedere qualcun*. È un lavoro difficile e molto impegnativo, ma che
deve mettere necessariamente in discussione la propria volontà di controllo e di potere nei
confronti del o dei partner.

Un altro punto di vista che ci ha incuriosito, perchè un tema spesso trattato nei percorsi
di crescita è, la non responsabilità della felicità altrui. Tu cosa ne pensi?

Io parto dal presupposto di cercare di non ferire mai l’altr* con le mie parole e le mie
azioni. Questa è la mia attitudine in generale.
Sono dell’idea che la relazione è qualcosa che si fa insieme, una dimensione circolare
fatta di responsabilità personali, di accordi e di regole che possiamo darci e rivedere ogni
volta che ne sentiamo il bisogno. Per questo penso che le mie scelte e il mio modo di
comportarmi possano costituire una parte della felicità o del benessere dell’altr* e di me
stess*. Nonostante ciò ognun* di noi ha la responsabilità di ascoltarsi e di provare a
riconoscere ciò che  sente e cercare di esprimerlo.