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Cecilia Alemani non è solo la prima donna italiana a curare la Biennale di Venezia, ma è anche la prima curatrice a garantire che la stragrande maggioranza dei 213 artisti che espongono siano donne o di genere non conforme.

E’ un momento di nuovi inizi, con il mondo che riemerge provvisoriamente dalla pandemia. Alemani descrive la demografia  della mostra principale, “The Milk of Dreams”, come “una scelta che riflette una scena artistica internazionale piena di fermento creativo e un deliberato ripensamento della centralità dell’uomo nella storia dell’arte e della cultura contemporanea”.

La mostra prende in prestito il titolo da The Milk of Dreams, un libro fondamentale scritto dalla surrealista messicana di origine britannica Leonora Carrington, che è stata anche coinvolta nel Movimento di liberazione delle donne in Messico. Alemani è stata attratta dal modo in cui il libro cattura “un mondo magico in cui la vita è costantemente rivisitata attraverso il prisma dell’immaginazione”. Allo stesso modo, i dipinti della Carrington trasmettono la sessualità femminile dalla sua prospettiva. Leonora Carrington Incontrò il surrealista Max Ernst a Londra nel 1937 e si innamorarono. Vennerp separati dalla seconda guerra mondiale, dopo di che ERnst sposò l’eminente Peggy Guggenheim, la cui omonima collezione veneziana si unirà al Museo Barberini per  la mostra collettiva “Surrealismo e magia: la modernità incantata” durante la Biennale.

Alemani ha posto una forte enfasi sul surrealismo, ma, come dichiara, “non ho bisogno di includere Salvador Dalí”, perché è stata sopraffatta dalla genialità delle artiste contemporanee che ha incontrato durante  durante la pandemia , che vanno dall’artista ungherese emergente Zsófia Keresztes alle rivoluzionare  Samí Máret Ánne Sara e Pauliina Feodoroff, presenti al Padiglione nordico.

Una delle artiste più interessanti  è Latifa Echakhch, che rappresenterà la Svizzera con The Concert. Vincitrice del Premio Marcel Duchamp, che ha anche esposto al Centre Pompidou e alla Tate Modern, l’artista visiva marocchino-francese ha descritto come “non abbia altri obiettivi, se non quello di mettere in discussione il mondo che mi circonda”. Il lavoro di Echakhch è “ispirato da come gli oggetti quotidiani possono essere trasfigurati in significanti di identità, storia e mitologia”.

Un’altra mostra imperdibile sarà quella dell’americana Mary Weatherford al Museo di Palazzo Grimani. La sua potente mostra “The Flaying of Marsyas” riflette sulla sua conversazione con il capolavoro del pittore rinascimentale italiano Tiziano Altrettanto ambiziosa è la retrospettiva di 100 dipinti e disegni della stimolante artista sudafricana Marlene Dumas, in mostra nell’iconico Palazzo Grassi.

L’arte americana avrà una presenza sostanziale alla Biennale di Venezia 2022. L’opera della scultrice modernista americana Ruth Asawa fa parte della mostra principale, mentre Simone Leigh prenderà il controllo dell’attesissimo Padiglione degli Stati Uniti. L’influente artista descrive come ha “creato un corpo di lavoro sfaccettato che incorpora scultura, video e installazione, il tutto informato dalla sua continua esplorazione della soggettività identificata dalla donna nera”.

Garantendo una svolta nella storia dell’arte, l’ampio elenco di artiste contemporanee di Alemani che partecipano alla 59a Biennale di Venezia darà il tono alle edizioni future. Come sottolinea Alemani, il suo approccio alla curatela della rinviata 59a edizione è stato “non costruito attorno a sistemi di eredità diretta o conflitto, ma attorno a forme di simbiosi, solidarietà e sorellanza”. Mentre l’Europa è oscurata dalla guerra, la tanto attesa Biennale di Venezia offrirà un senso provocatorio di speranza e inclusività.