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Hillman diceva che possiamo conoscere noi stessi solo attraverso un altro, non ci è concesso di riuscirci da soli.

 

La relazione con gli animali ci può aiutare in questa scoperta e per molte di noi è stato così. Inizieremo una serie di interviste a donne la cui relazione con gli animali è stata il viatico alla scoperta di sé, da un punto di vista personale e a volte, anche professionale.

 

Venere 50, in collaborazione con la scuola di PTRI, promuove da vent’anni corsi di formazione incentrati sulla relazione con gli animali. Spesso in questi percorsi le protagoniste sono donne, e per molte di loro, da quell’inizio, è partito un viaggio di crescita umana e professionale.

 

Altre donne che intervisteremo, le abbiamo incontrate nei nostri studi professionali, all’interno di percorsi di crescita o di psicoterapia; in tutti i casi sono testimonianze che pensiamo possano essere d’aiuto al fine di  rendere più consapevole il nostro rapporto con gli amici animali.

Oggi vi presentiamo la storia  di Paola Maria Molino, counselor.
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Paola, raccontaci com’è iniziata e come si è sviluppata la tua storia con gli animali

 

Gli animali per me sono sempre stati compagni di viaggio e di cambiamento nelle fasi buie della mia vita. Il primo gatto che ho avuto è arrivato a casa mia quando avevo solo 7 anni e i miei genitori si stavano separando. Mia madre mi aveva permesso di prendere una gattina di due mesi che poi si è rivelata un’amica speciale. Quel gatto aveva capito che io non avevo nessuno con cui giocare e ogni sera si nascondeva sotto al mio letto per fare degli agguati seriali e mirati, senza in alcun modo farmi male ma solo per puro gioco di squadra. Ogni sera si ripeteva quel rito, in cui io ridevo così tanto, ma così tanto da farmi venire le lacrime. Purtroppo la gattina dopo pochi mesi è stata portata via da me, in montagna, sostenendo che era giunto per lei il momento di fare una vita libera, mentre in realtà era mia mamma non la voleva più. A distanza di qualche un anno, con mia madre e mio fratello siamo andati a vivere in un minuscolo alloggio a piano terra ed avevamo un giardino. Dopo qualche mese, una gatta adulta si era affezionata a noi e un sabato, tornando da fare la spesa, avevo dimenticato la finestra della cucina aperta, rischiando, come mi aveva detto mia madre, di ricevere visite sgradite da parte dei ladri.

 

Quel sabato sera lo ricorderò come il momento in cui la vita mi ha insegnato cosa è la fiducia. Erano le 22 ed ero in camera da letto che mi infilavo il pigiama con i piedi nudi per terra e ad un certo punto ho sentito qualcosa graffiarmi un dito. Urlando di paura, con mia madre molto preoccupata, improvvisamente sono sbucati 4 micini da sotto al mio letto: la gatta ci aveva portato i suoi piccoli a casa. Aveva partorito nelle cantine di una vecchia fabbrica che si trovava a pochi metri da casa mia e gli operai ci avevano detto di averla vista farsi il posto per i cuccioli e una volta nati, avevano anche provato a prenderli, ma lei glielo aveva sempre impedito soffiando e graffiando. Aveva scelto lei dove portare i suoi cuccioli e li aveva trasportati uno alla volta attraverso la finestra aperta di casa mia e messi sotto al mio letto. La mia storia è iniziata qua e si è protratta nel tempo con visite e convivenze che sono state profondamente significative e che mi hanno accompagnata, cresciuta e confortata.

 

Ci sono stati momenti cruciali della tua vita in cui questa relazione ti ha sostenuto e cosa ti ha insegnato?

 

In effetti ogni stagione della mia vita mi ha vista insieme ad un animale. Dopo le due gatte di prima e dopo avermele tolte senza darmi modo di salutarle con la scusa che avevano bisogno di spazio e libertà, mia madre acconsentì per una cavia che visse 10 anni e che mori poco prima del mio matrimonio, avvenuto semplicemente perché ero in dolce attesa. Gli anni del mio matrimonio non sono stati anni sereni. Un giorno, sul balcone dell’appartamento in cui vivevo, era arrivato un corvo ferito. Avevo fatto di tutto per farlo stare in casa e per curarlo. Mio marito non voleva saperne ma alla fine Pinut, il corvo, era rimasto. Mangiava in gabbia e tendeva ad essere poco socievole, ma per me era importante che lui guarisse e che potesse ritornare a volare. Avevo già capito di non essere felice in quella situazione famigliare e quando Pinut finalmente prese il volo dal mio balcone, pure io feci lo stesso e dissi stop al mio matrimonio. Avevo imparato a volare da sola, in tutti quei mesi trascorsi a curare quel corvo, avevo elaborato la mia necessità di spazio e libertà, in cui poter essere pienamente me stessa, lontano da un matrimonio che mi aveva annichilita. Quando mio fratello morì nel 2001, ricomparvero nella mia vita non uno ma due gatti. Sentivo che mi avrebbero potuto aiutare ad elaborare il lutto. E così è stato. Gli animali hanno sempre contribuito alla mia evoluzione come persona, sostenendo in me quel bisogno di esprimere emozioni che non potevo o forse non volevo condividere con i miei simili. Ho scelto tanti animali e da tanti sono stata scelta e molti di loro mi sono stati portati via volutamente. Anche questa è stata una lezione amara, ma indispensabile per capire due cose fondamentali e cioè che non potevo fidarmi di chi diceva di amarmi perché mi portava via i miei animali e la seconda che non c’era nulla di eterno e che dovevo prendere contatto con l’impermanenza della vita.

 

Non ti è mai successo di essere criticata per la tua relazione con gli animali?

 

Si sempre. Sono stata sempre giudicata strana, soprattutto perché troppo legata a loro. Mia madre e i mie parenti più vicini, pur volendo bene al mondo animale a modo loro, non capivano e negavano l’importanza che questo aveva per me. Avevo 18 anni quando raccolsi il primo cucciolo di cane per strada e quello che era allora il mio ragazzo e che poi divenne mio marito, non voleva che io dedicassi tanto tempo al cane, anzi a dirla tutta, era proprio geloso. Anche il cane mi fu portato via. Mia madre aspettò che io fossi via alcuni giorni per poi farmi arrivare a casa e dirmi tutto a cose fatte. Solo che quella volta non abbassai la testa ma andai al canile di Torino a prendermi un altro cucciolo. Quella presa di posizione fece capire a mia madre quanto per me fosse importante avere un animale accanto a me. Peccato che il cane del canile morì dopo 20 giorni di cimurro. Io con gli animali ho sempre instaurato un legame profondo che non riesco a spiegare a parole. Ci sono state occasioni in cui sono stata avvicinata da cani che non avevano mai voluto avvicinarsi a persone estranee e questo riscuoteva un certo effetto nei proprietari. Io non so come chiamarla questa parte di me, ma per scelta non la chiamo più o non tento più di darle un nome, semplicemente fa parte di me e mi piace.

 

Per molti l’animale è l’esatto opposto dell’umano, per altri invece è l’eco di una similitudine, tu cosa ne pensi?

 

Io credo che ogni bambino abbia il suo Daimon come Hillman scrive nei suoi libri. Io credo e ho sperimentato che la parte emotiva di un animale e la sua parte più istintuale sono la strada migliore per conoscersi e per offrirsi come adulti completi al mondo, ma questa è la mia credenza. Per me non ci sono opposti, ma mondi che si confrontano nel mettere in atto dinamiche relazionali utili, oserei dire fondamentali, per superare, migliorare e guarire delle ferite reciproche: un cane preso da un canile trova in un compagno umano un salvatore, ma chi va al canile per scegliere un cane vuole salvare ed essere salvato da qualcosa o da qualcuno. Mai nessuno mi è più simile di un gatto che soffia, di una cane che scodinzola, di un cavallo che galoppa o di un capriolo che mangia libero in un prato, poiché in ognuno si rispecchia un mio bisogno.

 

In base alla tua esperienza cosa consiglieresti a una persona che sta pensando di far entrare nella propria vita un animale?

 

Consigliare è sempre difficile e io difficilmente do consigli, anche perché svolgendo la professione di counselor so che le scelte devono essere un atto di responsabilità da parte di chi le fa. Se proprio dovessi dare un’opinione suggerirei alla persona di ascoltarsi molto, di osservarsi nella vita e di osservare l’animale che vorrebbe avere accanto. Se la persona volesse un cane ma poi non avesse tempo da dedicargli mi sentirei di dirle di non prenderlo. Un cane e gli animali tutti, hanno bisogno di tempo, attenzione e cure e di essere capiti ed accettati per ciò che portano dal punto di vista etologico. Un cane e un gatto sono due mondi diversi, ma tanto diversi; un coniglietto e una cocorita altrettanto. Tutti però hanno necessità di essere accolti per ciò che sono. E questa a mio parere è la lezione più grande che gli animali mi hanno insegnato e che insegnano ogni giorno ai miei clienti: accettare le differenze amandole come bagaglio indispensabile dell’unicità di cui tutti siamo dotati.