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Il prossimo 25 novembre si celebra la Giornata mondiale contro la violenza delle donne, una data istituita dall’ONU, in memoria del brutale assassino delle sorelle Mirabal, simbolo delle donne rivoluzionare sotto la dittatura di Rafael Leonidas Trujillo nella Repubblica Dominicana.

Daniela Grenzi ha rivolto alcune domande a Paola Vigarani, mediatrice del gruppo di crescita LeFenici presso il CAT (Centro Armonico Terapeutico) e promotrice della camminata ‘Nemmeno con un fiore’.

 

In occasione del prossimo lunedì saranno tanti gli eventi in memoria della giornata. Con te vorremmo parlare di un’iniziativa speciale, come la camminata ‘Nemmeno con un fiore’ puoi raccontarci com’è nata?

 

La camminata “Nemmeno con un fiore” nasce quattro anni fa, in collaborazione con l’assessora Linda Leoni ed il numeroso gruppo Podismo di Campogalliano.
L’idea nasceva dalla volontà di iniziare a divulgare la tematica della violenza alle donne aprendosi alle piazze, alla gente, perché purtroppo, le iniziative spesso culturali, organizzate in occasione del 25 Novembre, vedevano coinvolte sempre le solite persone.
Parlare di violenza alle donne significa informare, far conoscere il fenomeno nella sua portata epidemica e trasversale, scardinando il pregiudizio, pertanto avevamo bisogno di richiamare l’attenzione di numerosi uomini e donne. Il cammino è diventato un collante, una scelta collettiva di presa di posizione “contro” la violenza agita dagli uomini sulle donne, di riflessione e di consapevolezza.

 

 

Qual è oggi il tuo impegno concreto per ricordare il 25 novembre?

 

Il mio personale impegno è sempre stato concreto, non è mai cessato e non solo in occasione del 25 Novembre, ma in generale, tutti i giorni dell’anno, perché purtroppo sono ancora numerose le donne, (da gennaio ad ottobre 2019 ne contiamo 87) che chiedono sostegno al Centro Armonico Terapeutico e al gruppo A.M.A. e CRESCITA Le Fenici.
Tutta l’equipe del CAT è attivamente coinvolta in un lavoro integrato al sostegno, in seconda accoglienza di donne, uomini, bambine e bambini interessati da fenomeni di violenza di genere, donne e uomini interessati a fenomeni di mobbing.

 

In termini di concretezza, in occasione del 25 Novembre abbiamo organizzato una formazione specifica che riguarda la violenza nella relazione d’intimità e la relazione d’aiuto rivolto a tutte le persone che professionalmente entrano in contatto con vittime di violenza. I nostri percorsi formativi sono specifici e completi perché comprendono soprattutto parti esperienziali, attraverso l’utilizzo di tecniche gestaltiche, psicodrammatiche, mindfulness, schema therapy, svolte da professionisti psicologi, psicoterapeuti e counselor che da anni si occupano del tema della violenza in generale e nello specifico, dei ruoli psicologici della vittima e del carnefice.

 

La formazione specifica pensiamo sia il primo gesto concreto e necessario per attivare un cambiamento culturale, in particolare verso tutti quei professionisti che hanno il dovere etico, morale e deontologico di sostenere in modo funzionale la vittima. Anche una singola parola, una frase sbagliata, può cambiare in negativo l’epilogo del provare a chiedere aiuto per attuare il cambiamento verso la sua salvezza.
Le donne che subiscono violenza nella relazione d’intimità, spesso, subiscono una seconda e infinita vittimizzazione da parte delle istituzioni, delle forze dell’ ordine, dei medici, psicologi, familiari, amici e dagli stessi membri della società; ecco noi, abbiamo deciso di iniziare da qui!

 

 

Paola, Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne; tu per molti anni hai dato il tuo contributo all’interno di un centro anti violenza, ci puoi spiegare come funzionano tali realtà?

 

I centri antiviolenza sono “luoghi” di accoglienza alle donne vittime di violenza, nati negli anni ’70 dai movimenti femminili e femministi. I centri antiviolenza si occupano della prima accoglienza, dell’urgenza e dell’emergenza; sono sostanzialmente uno dei tanti e numerosi nodi della rete necessaria al sostegno della donna all’uscita della relazione violenta. L’accoglienza all’interno dei centri viene svolto da donne volontarie, nell’ottica del sostegno di donna a donna, in un rapporto alla pari.