“L’utero è mio e lo gestisco io!”: questo vecchio slogan femminista suonava arrogante e sbarazzino. Finalmente, dopo millenni, era possibile rivendicare il diritto di proprietà sul nostro corpo e soprattutto su una sua parte così preziosa per noi donne e per la società intera. (di Giovanna Rossi)
L’utero è organo del riprodursi, quella parte che ci caratterizza e differenzia, che consente, per sua specifica funzione, che l’albero genealogico fiorisca e che in ultima analisi, la specie non si estingua.
Quel raffinato strumento doveva essere nelle nostre mani e sotto il nostro unico e insindacabile controllo!
Quanta paura incutesse la donna agli antichi lo possiamo dedurre da come sistematicamente fosse denigrata e definita sempre a partire dalla sua presunta imperfezione: il corpo della donna è “umido e freddo “ in rapporto a quello maschile e l’utero è il suo centro. Questo corpo femminile è sostanzialmente vuoto e centrato sulla presenza dell’utero che è in grado di produrre tutte le malattie, soprattutto perché può muoversi all’interno del corpo alla ricerca del calore mancante .
Questo dice la medicina ippocratica, ma questo mettere l’utero al centro di ogni problematica di pertinenza femminile avrà un lungo destino.
La scuola di Aristotele definiva la donna come un complesso di carenze in confronto all’uomo e pertanto la definiva una creatura imperfetta e “un’anima senza autorità “.
Arriviamo in questo modo al medioevo, per ritrovare le donne agitate, bollate come streghe isteriche la cui terapia poteva essere solo l’esorcismo e il rogo.
Dunque la storia delle donne, incentrata sull’influenza nefasta dell’utero come metafora della femminilità libera e fuori controllo, sopravvive nei secoli e approda infine al concetto di isteria come malattia neurologica, associata alla repressione del desiderio sessuale. Queste sono “le grandi isteriche “ dell’ottocento che Freud studiò, liberando l’isteria dalle implicazioni organiche e iscrivendola così tra le nevrosi.
Questo ultimo secolo infine, ha osservato cambiamenti che stanno anche ora sotto i nostri occhi, cambiamenti galoppanti che hanno offerto a noi donne occidentali, maggiore autonomia economica, coscienza del proprio valore e valutazione positiva del proprio corpo .
Abbiamo fatto comunque molta strada da sole e il nostro cervello ha spalancato le porte alla consapevolezza della propria differenza e della propria forza e sicurezza.
L’utero e le sue funzioni non governano più la nostra vita come una volta, quando tutto ruotava attorno alla maternità, ma in tutta franchezza, cosa possiamo dire di ciò che ”pensa“ veramente questa parte del nostro corpo? L’utero, con la sua memoria di matrice, di prezioso contenitore di vita, di magico agitatore della mente, cosa pensa?
Il corpo pensa, ogni sua cellula pensa secondo l’accezione che attualmente attribuiamo a questo verbo: produce neurotrasmettitori, vibra di specifiche frequenze, si collega istantaneamente con tutto il sistema psicosoma e parla usando un proprio linguaggio.
Una lingua antica come il mondo, come la terra, come la vita.
E questa lingua dobbiamo conoscere ed ascoltare con la parte razionale, che nel frattempo abbiamo perfezionato e amplificato.
Certo non è facile, perché questo linguaggio è segreto, è fatto di materia che si trasforma, di sangue, di muco.
L’utero si esprime secondo il codice pieno/vuoto, ogni suo “pensiero“ si articola sul cambiamento ciclico, sul cominciare ogni volta da capo, senza arrendersi. E il sangue, massima espressione di energia, scorre con minor o maggiore potenza. assecondando le esigenze profonde dell’equilibrio omeostatico. Ciò che serve a questa parte del corpo femminile difficilmente può essere compreso razionalmente
E la distanza tra razionalità e visceralità è grande, sembra troppa, ce ne possiamo rendere conto osservando il comportamento dei cicli mestruali: l’ordine e l’anarchia che si scambiano i ruoli, questo sanguinare che pur essendo naturale, un po’ spaventa e così il dolore, che irrompe nelle nostre vite accuratamente programmate e ci impone pause, riposo e cure .
La ragione è bandita e l’unico testimone rimane la parte non cosciente, irraggiungibile al controllo razionale, quella parte che i saggi del passato hanno definito “inconscio”.
L’inconscio è un magico contenitore di memorie ancestrali, di simboli archetipici e permea la materia e in un certo senso la vivifica.
Quindi, attenzione! Quando crediamo di controllare il nostro corpo, in particolare il nostro utero, ricordiamo che non siamo un corpo macchina governato da un sapiente pilota .
Siamo un universo complesso e un ponte fra passato e futuro, sempre in movimento.
Così ogni sintomo o piccola o grande patologia ci parla di noi, è parte della nostra narrazione, raccoglie anche le più antiche memorie e merita di essere ascoltato con la giusta attenzione. Certamente questi messaggi non vanno soppressi come si scaccerebbe una cosa molesta.
L’ascolto di ciò che il corpo esprime è già parte del cambiamento, della trasformazione e della guarigione .
Solo così potremo, con la giusta umiltà, affermare: l’utero è il mio!!