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(di Giovanna Rossi)
Fino a circa 3000 anni fa , inizio dell’era del bronzo , prima che gli dei patriarcali e i vari monoteismi irrompessero nella storia, possiamo supporre che vi fosse la presenza di una dea matriarcale pre-indoeuropea, cui venivano affidati tutti i fenomeni appartenenti alla sfera del generare e della fertilità e che racchiudeva in sé le conoscenze di tutte le forme viventi e dei meccanismi stessi della vita .

 

Con l’avvento del patriarcato le nuove dee divennero le mogli, le amanti e le figlie dei nuovi immortali e persero l’antico, terribile potere della dea primordiale, frazionando fra loro le sue varie manifestazioni.
In questa fase si preparò il terreno filosofico dell’estromissione del sapere femminile e cominciò ad insinuarsi il sospetto che questo si alimentasse di una dottrina occulta,esoterica : l’inizio di un percorso che portò questa conoscenza a scivolare gradualmente nella clandestinità.
Il sapere erboristico si è sempre tramandato attraverso le consuetudini quotidiane attinenti alla preparazione dei cibi: il carattere era quello di una materia trasmessa oralmente la cui origine si perdeva nel tempo.

 

Il riconoscimento e l’uso delle erbe in realtà costituiva uno dei compiti dell’educazione complessiva della giovane donna e uno dei compiti della sposa, nel mondo greco, consisteva nell’occuparsi personalmente della salute dei membri della famiglia, servitù compresa.
La sapienza erboristica era poi padroneggiata all’interno dei luoghi sacri: gli orti dei semplici sarebbero stati la vera fucina della scienza medica fondata sulle classificazioni delle erbe; la virtù delle erbe comprendeva anche l’elaborazione mitica della sostanza stessa, che apparteneva alla sfera dell’energia sacra di riferimento.

 

La stessa alchimia rappresenta la summa della saggezza chimica e farmaceutica, cui le donne alchimiste, spesso nobili e aristocratiche, hanno contribuito
Dalla dea Madre alla strega il passo è lungo ma l’intento è chiaro.
Il mondo maschile cominciò a guardare con diffidenza all’aspetto misterico e magico di queste conoscenze che non poteva né comprendere né controllare e dalla caduta dell’impero romano d’occidente (nel 476 d.C.) iniziò la storia dell’esproprio e della demonizzazione
della figura dell’herbaria, intesa come curatrice: il “facere cum herbis” sarebbe stato infatti proibito dalla Chiesa

 

il pregiudizio oscurantista fonda la convinzione che ogni medichessa è una potenziale strega e nel 1486 i frati domenicani pubblicano un testo allo scopo di estirpare ogni residuo di paganesimo attraverso la persecuzione e la condanna della stregoneria: il Malleus Malleficarum.
Si salvano solo le religiose, purchè vergini come le Vestali (ricordiamo la mola salsa, una farina di farro e sale con cui si cospargevano le vittime dei sacrifici, da cui è derivato il termine “immolare”) e le monache nei monasteri.
Merita di essere citata Ildegarda di Bingen, monaca erborista vissuta nell’anno 1000 . Ildegarda nacque da una famiglia di rango nobiliare e venne destinata a 8 anni alla vita religiosa. Cominciò a scrivere attorno ai 40 anni una vasta produzione che riguardava anche lo studio delle erbe, dei metalli e delle pietre preziose, valutate alla luce delle teorie umorali e astrologiche.

 

La sua visione dell’individuo appariva ecologica, in sintonia tra le componenti fisica, psichica e spirituale. Il suo pensiero ricorrente riguarda il concetto di “viriditas”, come metafora della salute fisica e spirituale e di malattia come squilibrio di questa energia stessa.
Poi la storia ha proseguito fino ai giorni nostri, passando per le alchimiste delle corti rinascimentali, le levatrici e le mammane, le erboriste e le prime, eroiche donne laureate in medicina .
La vocazione femminile alla cura si è espressa nei millenni con dedizione a tutte le fasi della vita, dalla nascita alla morte ed è interessante osservare la passione con cui le donne si occupano di studiare e conoscere i processi della vita, nonostante i mille ostacoli e i pregiudizi culturali .
Per chi volesse approfondire questo aspetto della storia della medicina al femminile consigliamo il bel libro di Erika Maderna Le medichesse, la vocazione femminile alla cura, Aboca edizioni.