di Paola Vigarani
La violenza sessuale all’interno della coppia è quasi sempre presente quando vi è anche violenza psicologica e fisica. La vittima spesso però non la riconosce come tale, ma la subisce e la tace.
Quando una donna chiede aiuto e sostegno all’uscita della relazione con il partner con comportamento violento, racconta non senza difficoltà delle violenze fisiche. Elenca le numerose situazioni caratterizzate da urla, denigrazioni, umiliazioni, schiaffi, pugni, cadute provocate. Molto raramente, quasi mai, soprattutto in una fase iniziale del percorso di uscita dalla relazione, racconta la violenza sessuale.
Ci sta, penserete voi; non racconta perché ha vergogna.
Nella mia esperienza invece non racconta perché spesso non riconosce l’avvenuta violenza, come se, il suo negato consenso alla relazione sessuale non costituisse abuso. Come se la disponibilità sessuale fosse un obbligo inderogabile, del femminile nei confronti del “maschio egemone” che proviene dalla notte dei tempi, legittimato dal regime patriarcale.
Ma esattamente in che cosa consiste un abuso sessuale?
Per abuso sessuale si intende ogni tipo di contatto sessuale non consensuale. Più in generale, si riferisce a un atto sessuale non consensuale completo in cui l’aggressore penetra la vagina, l’ano o la bocca della vittima con il pene, la mano, le dita o altri oggetti.
L’abuso sessuale da parte del partner o di una persona intima può includere l’uso di parole dispregiative, il rifiuto di utilizzare metodi contraccettivi, causare deliberatamente dolore fisico al partner durante i rapporti sessuali, contagiare deliberatamente il partner con malattie infettive o infezioni di tipo sessuale oppure utilizzare oggetti che causano dolore o umiliazione senza il consenso del partner.
Esistono tanti termini per descrivere un comportamento sessuale non consensuale, oltre all’abuso sessuale, si può chiamare stupro o genericamente violenza sessuale. L’elemento che li accomuna, indipendentemente dal termine utilizzato è il non consenso e l’influenza negativa e dannosa sulla salute fisica e psichica delle vittime. Non può considerarsi consenso anche quando l’accordo di una delle due parti è forzato, coercizzato o ottenuto sotto pressione o non dato liberamente, quando viene ottenuto con l’utilizzo della forza fisica, di inganni o minacce; quando la vittima è incapace di intendere; quando la vittima non è completamente cosciente (per uso volontario o involontario di alcool e/o droghe); quando la vittima è addormentata o incosciente.
La violenza sessuale è un atto di potere e di dominazione non sempre vengono utilizzate la forza fisica o le minacce contro la vittima, perché la violenza può essere molto sottile, come nel caso in cui l’autore dell’atto utilizzi la propria età, fisicità o status sociale per spaventare, ricattare e manipolare la vittima.
Il rischio di subire uno stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra vittima e autore.
I partner sono i responsabili degli stupri veri e propri nel 69,7% ,17,4% da un conoscente; il 6,2% uno sconosciuto. Le donne denunciano di più uno stupro da un non partner 12,6% contro un 5,2%.
In Italia, i dati ISTAT del 2015 hanno mostrato che ben 652.000 donne hanno subìto stupri e che sono 746.000 le vittime di tentati stupri nel corso della propria vita; per 246.000 di loro, lo stupro effettivo o tentato è avvenuto negli ultimi 5 anni. Si tratta di dati da considerarsi sottostimati perché si tratta di un reato con una percentuale altissima di sommerso che in Italia raggiunge circa il 96% delle violenze subite da un non partner e il 93% di quelle da partner. Insomma la quasi totalità degli stupri non è denunciata 91,6% (Rapporto Istat 2007). I motivi vanno da ricercarsi nella scarsa conoscenza anche da parte della vittima degli elementi che caratterizzano il reato, alla difficoltà di evidenziare l’avvenuto reato perché non sempre i segni della violenza sessuale sono sempre visibili, la difficoltà a mostrare il non consenso alla relazione sessuale, soprattutto all’interno di una relazione di coppia.
Dai racconti delle Fenici:
“Per anni sono andata a letto, vestita. Indossavo jeans attillati e cintura, così quando cercava di stuprarmi ero obbligata a svegliarmi.”
“Tutte le sere pretendeva che io mi girassi e subissi il rapporto sessuale. A volte è accaduto anche in presenza dei miei figli, a volte anche se avevo le mestruazioni.”
“Mi obbligava a guardare film pornografici con lui perché poi dovevo replicare quello che facevano le attrici. Se non lo facevo mi picchiava.”
“Durante il rapporto sessuale, mi mordeva nella schiena. Se urlavo, mi imbavagliava e mordeva più forte.”
“Improvvisamente capitava che mentre facevamo l’amore, mi sputasse in faccia e mi dicesse che ero un cesso e che puzzavo.”