Sono tantissime le donne che ci raccontano le loro esperienze, le difficoltà, ma anche i successi in una società in cui uomini e donne posseggono gli stessi diritti, ma non le stesse opportunità, non solo in famiglia, ma anche nel lavoro e nella vita sociale. Venere50 ha scelto alcune di loro ed ad ognuna di esse ha chiesto di raccontare la loro storia.
Questa settimana Paola Vigarani ha incontrato Anarkikka (Stefania Spano) , 53 anni, disegnatrice/vignettista
Stefania sei un’artista. Il tuo nome d’arte è Anarkikka. Come nasce? E come ti definisci professionalmente?
Professionalmente mi definisco una “illustrAutrice”, i miei progetti sono progetti illustrati. Comunico con segni e (poche) parole. Anarkikka è stata una rinascita, di vita e lavorativa. Un momento di rottura e cambiamento, un prima e un dopo. Avevo voglia di dire, agire, raccontare, e ho iniziato. Senza sapere dove questo mi avrebbe portato o forse, lo sapevo: ero molto determinata a riprendermi la mia vita e nulla avrebbe potuto fermarmi.
Attraverso le tue vignette, racconti per immagini soprattutto le problematiche collegate al femminile, con particolare riferimento alle discriminazioni e alla violenza di genere. Come ti sei avvicinata a questo fenomeno così diffuso e trasversale e perché hai deciso di farlo divenire il tema delle tue vignette?
Più che avvicinata, me ne sono allontanata! Ho alle spalle una vita complessa, ma i dolori sono diventati il mio tesoro. E i tesori si condividono.
Nel tuo lavoro utilizzi frasi sintetiche ed immagini esplicite. Adotti un linguaggio diretto che mette al centro, a volte con grande ironia, i vissuti e le emozioni delle donne. La tua comunicazione risulta potente e suscita domande. Qual è il messaggio che intendi inviare all’osservatore delle tue tavole?
Il linguaggio diretto, come un’immagine, arriva forte e immediato. E’ una comunicazione che lascia spazio a pochi fraintendimenti. Ovviamente va utilizzato con cognizione e onestà, altrimenti è propaganda. Se poi dentro c’è un mondo di empatia, allora diventa potente. Io osservo il mondo e lo racconto. Lo sforzo è di riuscire a mostrarlo per come lo sento, con la speranza che diventi tesoro per qualcun* altro.
C’è un grande impegno politico e culturale nel lavoro artistico che svolgi. La passione che comunichi è intrisa di femminismo. Sei mai stata discriminata o giudicata per questo?
Quando nella vita sono stata discriminata, lo sono stata perché donna, come tutte. Semplicemente perché ostinata a (r)esistere. L’impegno è arrivato tardi, una scoperta anche l’essere femminista. Attribuzione che spesso lascio fare agli altri, per il rispetto profondo che ho di una storia e di un percorso, passati e attuali, che conosco poco. Mi sento ancora una neofita. L’unica certezza è che definirsi femminista, oggi è un gesto politico necessario.
Nelle tue vignette vi è spesso l’immagine di una ragazza giovane. Chi rappresenta simbolicamente?
Chiunque abbia piacere a riconoscersi. A qualunque età, a qualunque genere (o non genere) appartenga.
Come già anticipato ti occupi di violenza di genere, rappresentando una donna che non è debole, passiva, remissiva e spaventata, come spesso avviene, ma al contrario, una donna che sa autodeterminarsi ed è capace di attribuire le responsabilità al maschile. Pensi che questa visione della donna possa aiutare in tema di prevenzione alla violenza?
Spero che possa aiutare comunicare alle donne che vivono nella violenza che non sono sole, non sono sbagliate, non hanno colpa. Le donne passive non esistono, ne sono certa. Esistono gabbie, manca il sostegno, manca l’ascolto. Il coraggio vien fuori quando si rompe la solitudine, quando qualcosa o qualcuno ti aiuta a (ri)scoprire che meriti tutto l’amore del mondo.
Stefania c’è un tema che hai preso in esame nelle tue vignette che ti sta particolarmente a cuore e che nell’affrontarlo ha comportato anche un investimento emotivo?
Mi coinvolge moltissimo parlare di bambini e bambine. Il mio investimento emotivo è profondo, riguarda la mia vita di figlia e di madre. Ho all’attivo due progetti sulle violenze sui minori, ed entrambi mi hanno devastata. E’ stato difficile anche tenerlo a bada, quel coinvolgimento, passaggio necessario per poter affrontare qualunque argomento, anche con solo una vignetta. Da un po’ sono al lavoro su un progetto che proprio per la carica emotiva stenta a finire. Ma ce la farò.