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Topi o esseri umani, il risultato non cambia: una ricerca ha dimostrato che gli individui maschi percepiscono un dolore in modo significativamente più intenso di quello che lo ha preceduto. Il ricordo del dolore è dunque un elemento cardine nel provocare nei maschi una forma maggiore di stress ed una risposta più sensibile ad uno stimolo di quanto non avvenga invece per le donne.

 

Questa è una di quelle ricerche i cui risultati potrebbero aiutare gli scienziati a trovare una soluzione per tutti coloro che soffrono di dolori cronici. Si tratta di una serie di esperimenti condotti da ricercatori della McGill University di Montreal e dell’Università di Toronto Mississauga e pubblicati sulla rivista Current Biology.

 

I ricercatori stavano esplorando le loro conoscenze sull’ipersensibilità al dolore nei topi e nel corso dei test, con sorpresa, si erano resi conto che le risposte variavano sensibilmente se la cavia era un individuo maschio oppure femmina. Eseguendo successivamente gli stessi esperimenti su degli esseri umani, la risposta era la stessa: dopo essere stati esposti ad un primo stimolo doloroso, si è osservato il loro comportamento in reazione ad un secondo stimolo, più blando di quello che lo aveva preceduto.

Bene, come per i topi, anche tra gli esseri umani, erano gli uomini a reagire in maniera più evidente al piccolo dolore inflitto, dopo essere stati esposti al primo (che aveva un’intensità maggiore) e a mostrare che in loro, con una evidente differenza rispetto ai soggetti donna, lo stress impresso dal primo stimolo produceva una risposta che tendeva ad amplificare la reale entità del secondo stimolo ricevuto.

 

Per capirci, il ricordo del primo dolore, aumentava l’intensità di quello a cui si veniva esposti successivamente, per quanto lo stimolo fosse oggettivamente meno doloroso del primo. Il ricordo del primo dolore subito, negli uomini, produce dunque uno stress maggiore che porta ad una percezione aumentata del dolore e questo potrebbe aiutare i ricercatori a definire nuove forme di terapie e di approcci per venire in aiuto di tutti coloro che soffrono di dolori cronici. Sembra ormai evidente che sia il ricordo di un dolore già patito a svolgere un ruolo chiave in questo processo.

Questa evidenza ci porta a considerare l’efficacia della pratica di Mindfulness che, come sappiamo, ha la propria radice nella psicologia Buddista.
Per capire meglio tale associazione, portiamo alla memoria la narrazione del Buddha rispetto all’uomo che viene colpito da due frecce.

 

La parabola focalizza l’attenzione sul fatto che gli esseri umani, spesso, si rapportano al dolore, come potrebbe fare un uomo che sfortunatamente viene colpito da una freccia e poi, un’altra volta, da una seconda freccia. Cioè noi possiamo essere colpiti da un dolore fisico, una malattia, ecc… (prima freccia) ma è il rimugino mentale sul ricordo del dolore, e l’anticipazione della memoria del dolore (la seconda freccia) che rendono quel dolore elevato al quadrato.

 

La pratica di Mindfulness, concentrandosi sul portare a consapevolezza, la possibilità di evitare o almeno diminuire, il rimugino mentale dato dall’anticipazione del dolore, lavora quindi per evitare il colpo della seconda freccia.