Seleziona una pagina

Che cosa significa per me l’8 marzo?

Sono Simona Aravecchia, counselor professionista e socia della Cooperativa LuneNuove, da settembre 2021 faccio parte del collettivo e della redazione di Venere 50.
In occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna mi è stato chiesto di raccontare cosa rappresenti questa ricorrenza per me.

Per rispondere a questa domanda devo premettere che fin dall’infanzia ho sentito molto forte il peso delle ingiustizie e dei diritti negati, qualsiasi fossero le ragioni della discriminazione. Ho sempre trovato insensati e dolorosi fenomeni come il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo, per citarne solo alcuni. Non sono mai riuscita a restare indifferente e mi sono sempre schierata dalla parte di chi lotta per il riconoscimento della propria esistenza e dei propri diritti.
Crescendo, soprattutto nel corso dei miei studi universitari, mi sono avvicinata al femminismo, grazie soprattutto allo studio della storia delle donne o per meglio dire, la storia negata delle donne, dal momento che le donne sono state per lunghissimo tempo sistematicamente escluse dalla narrazione storica, una narrazione che ci ha raccontato gli eventi esclusivamente dal punto di vista maschile.

Rispetto ad altre forme di discriminazione e di oppressione, una delle cose che mi ha colpito è il fatto che le donne, al contrario di altri gruppi discriminati, non sono una minoranza ma, approssimativamente, corrispondono alla metà della popolazione. Mi sono quindi chiesta come fosse possibile che la metà della popolazione mondiale, in maniera del tutto trasversale dal punto di vista sia geografico che socio-economico, fosse soggetta a forme più o meno gravi di oppressione per il solo fatto di appartenere al genere femminile.
Questa domanda ha trovato la sua risposta nel riconoscimento dell’esistenza di un sistema, il patriarcato, che permea l’intera nostra società, senza eccezione alcuna.

Certo le forme di oppressione e discriminazione variano, ma in nessun luogo o contesto al mondo esiste una condizione di piena parità tra i generi.
Per parità non intendo l’equiparazione del femminile e del maschile come se fosse irrilevante appartenere ad un genere piuttosto che ad un altro, in quanto a mio avviso resta importante la valorizzazione delle differenze, che non devono essere però motivo di discriminazione. Preciso che la valorizzazione delle differenze per me significa valorizzare le differenze di ogni singola persona, di ciò che ognuna/o sente in sintonia con il proprio essere, quindi ben vengano le differenze di genere se queste sono volute, desiderate, sentite dalla persona, nel pieno rispetto delle scelte di tutte/i e sapendo che non esiste un modo “giusto” di essere donna o uomo, ma tanti, infiniti modi, ognuno di essi “giusto” fintanto che la persona lo sente giusto per sé e nella consapevolezza di averlo potuto scegliere.
Purtroppo veniamo invece socializzati attraverso modelli di femminile e di maschile che si basano su stereotipi di genere, e spesso questi modelli non rispondono al nostro sentire più profondo e ci obbligano ad assumere ruoli che non sentiamo nostri, o a subirli più o meno consciamente.

Parità per me significa rispetto ed equità nelle possibilità, tenendo conto delle differenze ma a prescindere dal genere. Tanti sono gli elementi che contribuiscono a formare una persona per quella che è, il genere (così come il colore della pelle, o la classe sociale) non dovrebbe essere ciò che ne determina il destino.
Se gli effetti del sistema patriarcale sulle bambine e sulle donne sono fin troppo spesso devastanti ed evidenti, non di meno i bambini e gli uomini soffrono, spesso inconsapevolmente, a causa di un sistema che li ingabbia in ruoli rigidi e stereotipati.
Credo che la nostra società debba e possa porsi come obiettivo la valorizzazione delle differenze, dell’unicità, dei talenti, dell’essenza di ognuna/o di noi al di là degli stereotipi di genere, ma siamo purtroppo ancora troppo lontani dal raggiungimento questo obiettivo.

Per me l’8 marzo rappresenta una giornata in cui portare l’attenzione sulle molteplici forme di discriminazione e di oppressione che colpiscono le bambine e le donne nel mondo, e per ricordare a tutte e tutti che i diritti conquistati grazie alle lotte di chi ci ha preceduto non sono mai acquisiti una volta per tutte e infatti, se non preservati e difesi, possono esserci tolti.
L’8 marzo è dunque per me sia una giornata di celebrazione per gli obiettivi raggiunti, che devono essere custoditi gelosamente, sia di lotta per i diritti ancora da conquistare.