Per devozione o per affetto, il gatto ha attraversato la storia a passi felpati, insinuandosi nei nostri cuori e nelle nostre coscienze. Incutendo e mostrando sentimenti mutevoli. Creatura divina e terrena, la sua natura femminile è sempre stata fonte di attrazione e timore. (di Daniela Grenzi)
Fin dalla notte dei tempi il gatto è stato associato all’archetipo femminile; Bastet, per gli egizi, era una dea gatta, che venne poi identificata dai romani come Artemide, dea notturna e cacciatrice. Nelle raffigurazioni di Bastet si rilevano tratti simili alla più arcaica e generica dea leontocefala Mut, grande dea delle origini, di cui si narra che nel suo tempio di Karnak ospitasse un’impressionante schiera di statue dalla testa felina.
Dell’antica associazione tra gatto e femminilità rimane testimonianza nelle lingue in cui il nome generico di questo animale non è maschile, ma femminile: in tedesco per esempio il gatto, die Katze, è sostantivo di genere femminile.
Leonardo, nei disegni, per una ‘Madonna del il gatto’ rappresenta una sottesa identità tra le due figure. Colette, nel racconto ‘La gatta’, del 1935, sviluppa egregiamente il motivo dell’identità donna-gatto raccontando di un sotterraneo conflitto tra Camilla e la gatta del fidanzato, da cui tra l’altro ne esce perdente. Le storie archetipiche che pongono al centro della loro trama la trasformazione della donna in gatto e viceversa, continuano nel tempo, decretando un’equazione simbolica in cui gatto equivale a donna e ciascuno dei due termini può essere convertito nell’altro.
Bernardino da Siena, nel medioevo, affermava che le streghe si trasformano in gatte spalmandosi unguenti a base di erbe misteriose. Nel Malleus maleficarum, il più antico manuale dell’Inquisizione, viene narrata la vicenda di un uomo che prende a botte tre gatti e di lì a poco, in paese, ricompaiono tre conosciute signore, che riportano ferite identiche a quelle che lui aveva inflitto loro.
Molteplici sono le fiabe dove l’equivalenza simbolica tra gatto e donna è il focus narrativo; di ciò ne trattò ampiamente la grande psicoanalista Maria Luise von Franz.
Il gatto costella l’archetipo femminile in maniera articolata: l’acutezza visiva lo associa alle facoltà di preveggenza e di visione spirituale; l’agilità e il coordinamento motorio lo mettono in relazione con la medicina reumatologica, ma anche con capacità di spostamento soprannaturale. La proverbiale vitalità, lo mette in connessione con una surreale idea di immortalità .
Il gatto, nel tempo, è passato poi da oggetto di culto a oggetto di investimento affettivo.
Testimonianze e manifestazione di tale sentimento si ritrovano in diverse fonti storiche, da quelle degli egizi che riservavano al felino il privilegio dell’imbalsamazione, all’antico Giappone, dove il gatto diventa animale da affezione prima nelle corti imperiali e poi nel popolo. In Europa, l’ingresso nel mondo affettivo degli umani è più lento e possiamo identificarlo intorno al settecento. Dal punto di vista sociologico, la polarizzazione affettiva ha spostato la tendenza della psiche collettiva a riavvicinarsi alle funzioni del sentire e alla riconsiderazione del principio femminile.
Nell’immaginario collettivo il gatto inizia a tingersi di tinte emotive che fanno riferimento, ad esempio, alla sua inesauribile ricerca di piacere. Cerca e abitualmente trova le collocazioni più confortevoli, la posizione più comoda, il contatto più gradevole, il cibo più appetitoso, se nella ciotola sono mescolati sapori diversi.
Inizia quindi a comparire una costellazione archetipica dell’affettività felina dal tono sensuale.
Altra raffigurazione emotiva del gatto è l’unire il massimo dell’affettività con il massimo della crudeltà, entro un script comportamentale unico. E’ esperienza comune il brusco passaggio da una sessione di placide fusa all’improvviso scatto in cui il nostro amico ci afferra la mano con tutte e quattro le zampe e pone fine all’interazione.
I repentini passaggi emotivi felini sono alla base di altre molteplici fantasie che unite alla variegata cosmografia di proiezioni ne determinano una potente figura d’Anima ma anche di Ombra. Oggi viviamo in pieno la contraddizione dell’archetipo che da un lato attiva emozioni di empatia e fascinazione e dall’altro emozioni di paura e vulnerabilità.