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Cambia il nostro corpo, cambiano le nostre emozioni, le relazioni che intratteniamo col mondo e quindi anche con chi ci aiuta a gestire la nostra salute. E forse la Slow Medicine può essere una strada.

 

A cosa serve la scienza? Siamo alla ricerca di una medicina adatta ai nostri bisogni, che non sono solo quelli legati esclusivamente all’eliminazione di ciò che ci fa soffrire, sia esso disagio fisico o emotivo.
Non siamo macchine in avaria che devono essere rimesse in pista al più presto possibile, soprattutto in questa fase della nostra vita. Adesso, lo possiamo proprio dire, siamo più sensibili e piuttosto suscettibili.

 

La salute è un insieme complesso di aspetti legati al nostro corpo, alle nostre emozioni, a come immaginiamo il nostro futuro. Credo che mai come ora, dopo le tante esperienze che la vita ci ha regalato, sia necessario trovare il modo giusto e comunque più adatto per quello che stiamo diventando: consapevoli di essere uniche, fuori dai condizionamenti e dai prezzi che la vita ci ha chiesto di pagare.

 

Più esigenti quindi. In pratica cosa significa?

 

Significa esigere prima di tutto da noi stesse conoscenza e documentazione, al fine di compiere buone scelte e coerenza per sopportarne la fatica. Il secondo passo è cercare qualcuno con cui condividere questo cammino: un medico “dal volto umano”, un professionista che sia in grado di ascoltare quello che abbiamo da dire, sia che si tratti di dubbi, sia che si tratti di sintomi.

 

Esiste da qualche tempo un movimento che si chiama Slow medicine, il cui nome non sottintende una medicina lenta, ma, come è affermato nel suo manifesto, la Slow medicine

 

[blockquote text=”rimette al centro dell’intervento di cura la relazione fra professionista sanitario e paziente, rendendoli entrambi attivi e cooperativi, rinunciando alla frettolosità e riuscendo ad essere tempestiva senza essere sbrigativa”.” text_color=”#e54083″ width=”” line_height=”undefined” background_color=”” border_color=”” show_quote_icon=”no” quote_icon_color=””]

 

Interessante vero? E ancora, udite, udite, nello stesso manifesto leggiamo “che (la Slow medicine) ricerca il giusto equilibrio fra l’uso di tecnologie e di terapie di efficacia dimostrata, il rispetto della persona curata e delle sue preferenze e l’attenzione alle risorse economiche e ambientali”.

 

Un buon medico deve essere in grado di rispettare i nostri tempi e ascoltare le nostre richieste senza sovrapporre per quanto possibile, le proprie convinzioni a quelle della paziente.

 

Quante volte ci siamo sentite dire: “deve assumere questo farmaco”, senza che ci fosse spiegato il meccanismo di azione o gli effetti collaterali che poi abbiamo scoperto con orrore, leggendo il foglietto illustrativo?

 

Certo non è facile per un medico scendere dal proprio piedistallo scientifico e vedere il paziente non come un caso clinico, ma come un essere umano pieno di paure, incertezze e rigidità.

 

In ogni modo può essere utile ad entrambi definire un terreno comune, così da trovare un modo nuovo e soprattutto personalizzato, per stare bene e lavorare meglio.

 

Un buon medico per un buon paziente, ciò che è importante è la relazione terapeutica che implica una posizione attiva da entrambe le parti: se il medico è slow, anche la paziente dovrebbe sentirsi parte attiva, avere chiarezza sui propri obiettivi e desiderare di partecipare alle scelte, assumendosene la responsabilità.

 

Certo, esistono momenti in cui il ruolo del medico è prioritario e i consigli non sempre possono essere discussi, ma questo non impedisce che possano essere sempre e comunque condivisi.

 

Ci siamo chieste a cosa serve la scienza: essa nutre la parte razionale del nostro cervello, procede alla ricerca di certezze, di punti saldi su cui poggiare i piedi, ma i punti di appoggio spesso cambiano e il movimento assomiglia a volte a una danza. Il nostro tempo è veloce, scandito dall’ansia di andare avanti, di fare bene e di stare bene, ma ricordiamo che il perno, il baricentro su cui si regge il nostro equilibrio è sospinto da continue sollecitazioni.

 

Questa fase della nostra vita dunque, si apre su uno scenario di cambiamento: cambia il nostro corpo, cambiano le nostre emozioni ed è giusto che cambino le relazioni che intratteniamo col mondo e quindi anche con chi ci aiuta a gestire la nostra salute.

 

Questa può essere la direzione da seguire.