Hillman diceva che possiamo conoscere noi stessi solo attraverso un altro, non ci è concesso di riuscirci da soli.
La relazione con gli animali ci può aiutare in questa scoperta e, per molte di noi, è stato così. Inizieremo una serie di interviste a donne la cui relazione con gli animali è stata il viatico alla scoperta di sé, da un punto di vista personale e a volte, anche professionale.
Venere 50, in collaborazione con la scuola di PTRI, promuove da vent’anni corsi di formazione incentrati sulla relazione con gli animali. Spesso in questi percorsi le protagoniste sono donne, e per molte di loro, da quell’inizio, è partito un viaggio di crescita umana e professionale.
Altre donne che intervisteremo, le abbiamo incontrate nei nostri studi professionali, all’interno di percorsi di crescita o di psicoterapia; in tutti i casi sono testimonianze che pensiamo possano essere d’aiuto al fine di rendere più consapevole il nostro rapporto con gli amici animali.
Oggi vi presentiamo la storia di Francesca Peli, 50 anni, impiegata.
Francesca, raccontaci com’è iniziata e come si è sviluppata la tua storia con gli animali
La mia storia con gli animali è iniziata nell’infanzia, con un sentimento di accettazione misto a disagio, in presenza di certe di certe situazioni (il cane da caccia tenuto in un piccolo recinto o gli animali “da reddito in campagna”); durante la mia adolescenza ricordo di avere sempre desiderato un animale, un cane o un gatto, ma mia madre non me lo ha concesso. Questo desiderio è poi diventato uno dei motori che mi hanno spinto ad andare a vivere da sola. Nella mia nuova casa è cominciata la mia amicizia con Iaia, meticcia conosciuta proprio mentre veniva portata in canile. E’ stata una compagna perfetta, molto indipendente emotivamente, anarchica nell’animo, che credo abbia vissuto bene insieme a me, anche se, ripensandoci ora, mi chiedo spesso quanto io l’abbia veramente conosciuta e quanto la nostra amicizia avrebbe potuto essere più ricca e importante se avessi saputo capirla e ascoltarla di più. A Iaia si è aggiunto Peppe, il meticcio di mio marito, col quale ho avuto un legame meno intenso, che però si è rafforzato durante la sua vecchiaia, quando si è affidato a me con una tenerezza che non mi sarei aspettata.
Iaia mi ha lasciata dopo 18 anni ed io, accompagnata dalla certezza che prima o poi avrei adottato un altro cane, ma consapevole che l’amore non basta, ho iniziato a studiare ed ho frequentato un corso per istruttore cinofilo: a questo punto ero pronta ad incontrare Gandhi. Sono venuta conoscenza della situazione in cui si trovano i levrieri spagnoli, mi sono informata sulle caratteristiche di questa razza e con mio marito abbiamo chiesto di adottare questo galgo da caccia, seriamente problematico, terrorizzato dagli esseri umani ma anche da certi oggetti, da certe case o dalle foglie mosse dal vento.
Le volontarie dell’associazione “Confido in te”, che ci hanno affidato il cane, in modo competente mi hanno preparata e poi sostenuta nel percorso di addomesticamento di Gandhi, che andava condotto da un umano specifico. In seguito ci hanno affidato anche Nube, femmina volitiva, di grande carattere, testarda, ottimista e con un sacco di pretese, che si è rivelata un’ottima compagna per Gandhi, lo ha rassicurato e ora lo guida nella comunicazione col mondo.
In che momenti cruciali della tua vita questa relazione ti ha sostenuto e che cosa ti ha insegnato.
Gandhi è arrivato in un momento complicato per me, di crescita e lavoro su me stessa: stare con lui, che mi costringeva all’ascolto, all’attesa, alla pazienza, era molto faticoso, ma nella difficoltà, Gandhi mi ha insegnato ad essere presente, calma, concentrata, stabile; ad osservare movimenti anche minimi, ad adeguarmi ai bisogni dell’animale per poi darci dei piccoli obiettivi per affrontare insieme il mondo. Ho scoperto di riuscire a mettere da parte la rabbia e la frustrazione, di potermi alzarmi prestissimo la mattina per passeggiare nella calma e nel silenzio della città, così diversa quando tutti dormono ancora e che stare nella natura fa davvero bene all’anima.
Esserci sempre e a dare il meglio di me, in termini di ascolto e di empatia, all’inizio è stato davvero difficile: ho sperimentato una relazione in cui mi sembrava di dare tutto senza ricevere niente in cambio. Ho dovuto guardare meglio ed ascoltare di più, aspettare senza pretendere che Gandhi si fidasse e che finalmente potesse dimostrare il suo affetto e la sua incredibile voglia di giocare.
Non ti è mai successo di essere criticata per la tua relazione con gli animali?
Quando Iaia è mancata, ho avuto difficoltà a condividere la mia tristezza con alcuni, ho avvertito un certo biasimo rispetto ad una sofferenza vista come “eccessiva”. Anche le attenzioni che riservo a Gandhi e Nube, le energie che spendo per loro, vengono a volte vissute come eccessi da alcuni amici e familiari.
Per molti l’animale è l’esatto opposto dell’umano, per altri invece è l’eco di una similitudine, tu cosa ne pensi?
Credo che siamo anime diverse ma connesse: in particolare da quando pratico meditazione sento molto la vicinanza dei “miei” animali: Gandhi e Nube si accomodano vicino a me e si rilassano, mentre respiriamo insieme.
In base alla tua esperienza cosa consiglieresti a una persona che sta pensando di far entrare nella propria vita un animale?
Di tenere presente che adottare un animale comporta innanzitutto un impegno costante, bisogna esserci anche quando si vorrebbe fare altro, essere pronti a fare alcune rinunce e a modificare il proprio stile di vita.
Perché la gioia di vivere con un animale non passa da quello che lui ci può offrire, ma da quello che possiamo offrire noi a lui.