Benazir Bhutto
(Karachi, 21 giugno 1953 – Rawalpindi, 27 dicembre 2007)
R-i-c-o-n-c-i-l-i-a-z-i-o-n-e. È il titolo del libro che ho scritto prima di morire e nelle sue pagine potrete capire il perché. Sono la figlia primogenita del deposto primo ministro pakistano Zulfiqar Ali Bhutto. Dopo la laurea in Scienze politiche ad Harvard, mi sono trasferita a Oxford per studiare politica, filosofia ed economia. Quando poi sono tornata in Pakistan ho vissuto gli eventi che portarono alla capitolazione di mio padre per volere del dittatore Muhammad Zia ul-Haq.
Ma in esilio ho potuto portare avanti il processo di democratizzazione del paese iniziato da mio padre perché la democrazia non è un valore politico intimamente occidentale piuttosto un valore universale. E con tenacia e determinazione sono finalmente diventata leader del Partito del popolo pakistano (PPP). Da allora sono stata per ben due volte primo ministro del mio paese, la prima volta nel 1988 all’età di trentacinque anni, divenendo la persona più giovane ma anche la prima donna a ricoprire questo incarico in un paese musulmano contemporaneo.
L’esempio di mio padre che aveva cercato di contrastare l’estremismo islamico e la figura di Indira Gandhi, hanno segnato il mio cammino. Di Indira ho seguito la carriera politica sin dalla sua elezione come primo ministro Indiano nel 1966. Di lei ho sempre apprezzato la sua personalità di seta e d’acciaio, qualità che l’hanno aiutata a gestire con astuzia chi aveva creduto di aver a che fare con una leader malleabile.
Una leader deve interessarsi alla questione femminile apportando la sua esperienza come donna e come madre. Personalmente mi sono interessata alla riduzione del tasso di crescita della popolazione che avrebbe concesso alle donne più libertà per esprimersi in campi diversi da quello esclusivamente famigliare. E l’ho sostenuto partendo dalla lettura del Corano, convinta che sia stato politicizzato e strumentalizzato dagli estremisti e dai fanatici.
Ho creduto fino alla fine nella riconciliazione tra religioni e nazioni, ed è per questo che ho cercato di descrivere la vera natura dell’Islam nel mio libro, una strategia necessaria per ristabilire il colloquio tra le società. Per esempio, nel Corano c’è scritto “leggi” e non leggi tu in quanto uomo. L’ordine di leggere è rivolto a tutti i credenti perché uomini e donne sono uguali.
L’altro incitamento è verso la jihad cioè la lotta, una lotta strumentalizzata. In realtà il suo vero significato si riferisce alla lotta interiore verso il retto cammino – cioè un cammino per seguire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. La jihad la si pratica su se stessi per diventare persone migliori resistendo alle tentazioni dell’anima, come il narcisismo, l’avidità e la malvagità. Ma credo che la maggior parte delle persone non abbiano idea di questo significato.
E per quanto riguarda la questione della guerra, è espressamente scritto che essa sia giustificata qualora sia difensiva senza oltrepassare i limiti, perché Dio non ama gli eccessi (CoranoIX,5). E credo che neppure sia chiaro che l’Islam ammetta come fatto concreto la diversità e la pluralità dei popoli e delle culture, invitando al riconoscimento reciproco e alla coesistenza pacifica.
Ma il Corano non dovrebbe essere letto considerando letteralmente ciò che viene scritto nei versetti, cosa che ha portato a considerare i singoli passaggi come una “rivelazione” isolata dal contesto.
È tempo per un rinnovamento che porti al superamento dei valori tradizionali recuperando invece, quei valori che si rivolgono al futuro. Perché l’attenzione al passato, come l’eccesso della nostalgia deve essere sostituito ad un atteggiamento che guardi in avanti. È in questo senso che la jihad – o rinnovamento – dovrebbe essere un processo continuo di pensiero originale basato sulla valutazione dei fenomeni storici e sociali che, nel tempo, devono essere analizzati per determinare se siano effettivamente sbagliati.1
Quindi questa Riconciliazione che io auspico e per cui mi sono battuta fino alla fine, non è solo con il mondo occidentale, che pure dovrebbe considerare come autoanalisi le sue politiche nei confronti dell’Oriente, ma anche all’interno del mondo musulmano partendo dalla conoscenza del testo sacro perché l’unico modo per superare l’estremismo islamico è spiegare cosa sia davvero l’Islam, sia ai musulmani che ai non musulmani. L’essenza dell’ Islam è contenuta in queste parole del Corano “Per te la tua religione, per me la mia religione”. E questa è la vera natura della tolleranza.
Anna Perna: formatrice ad approccio umanistico e Gestalt counselor. Lavora nel campo dell’apprendimento continuo, occupandosi del tema della consapevolezza di sé e delle competenze relazionali. Nel tempo libero è autrice e regista teatrale.