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Amelia Earhart
(Atchinson, Kansas 1897 – Oceano Pacifico 1937)

Esiste un luogo dove hai la sensazione di essere davvero libera. In cielo.
Ho fatto il mio primo volo come passeggera e quando abbiamo finalmente preso quota ho capito che la mia vera dimensione sarebbe stata volare. Provengo da una famiglia che si è sempre spostata parecchio tra gli Stati Uniti e il Canada in cerca di una vita migliore e ho sempre lavorato duramente facendo ogni tipo di lavoro per raccogliere la somma necessaria alle lezioni di volo.
Vi posso assicurare che ai miei tempi una donna che volava risultava stravagante. Ma ho avuto una grande insegnante Anita Snook, pioniera dell’aereonautica, che mi ha insegnato tutti i trucchi del mestiere e soprattutto una cosa: la determinazione.
Così il 15 maggio 1923 sono diventata la sedicesima donna al mondo a conseguire il brevetto di pilota. Ma la svolta nella mia carriera di aviatrice è arrivata solo nel 1928, dopo la prima trasvolata atlantica. Ebbene sì, sono stata la prima donna ad attraversare l’Atlantico insieme a Wilmer Sturz e Louis Gordon, a bordo di un Fokker. La situazione si presentava come eccitante ma in questa trasvolata il mio ruolo era secondario. I due uomini pilotarono per quasi tutto il tempo ed io mi sentivo trasportata come un pacco postale. Nonostante ciò, questa impresa ha fatto di me un’eroina nazionale e da quel momento in poi divenni la nuova “Regina dell’aria”. Ma io volevo di più.

Sapevo che potevo fare di più. E non solo per me ma anche per tutte le donne. Grazie ai proventi delle conferenze, delle campagne pubblicitarie, dei miei scritti, dei numerosi incarichi che ho ricevuto dalle compagnie aeree e alle gare di volo, mi sono potuta dedicare alla mia passione, realizzandomi completamente. Una donna realizzata è incredibilmente affascinante e per certi versi temuta. Si dice che una donna che pensa faccia paura ma una donna che fa quello che pensa terrorizza perché è una donna potente!
Noi donne abbiamo un potenziale incredibile tutto da scoprire e quel potenziale si può realizzare dedicandoci profondamente ai nostri talenti. Ma per fare questo dobbiamo conoscerci e avere il coraggio di andare in direzione contraria alla massa, tendenzialmente controvento.
È stato solo nel 1932 che grazie allo scrittore e editore George Putnam ho potuto misurarmi davvero con me stessa realizzando il sogno di essere la prima donna ad attraversare in solitaria l’Atlantico. Il 20 maggio sono partita da Harbour Grace, a Terranova, ai comandi di un Lockheed Vega e, dopo un volo di quasi quindici ore, sono atterrata a Culmore, in Irlanda del Nord. E con questa impresa sono stata definitivamente consacrata come la più nota eroina della fase pionieristica della storia dell’aviazione, ricevendo molti riconoscimenti, tra i quali la Legion d’Onore e la Distiguished Flying Cross dal Congresso degli Stati Uniti.

A questo punto potevo davvero fare tutto quello che volevo e dopo aver compiuto diversi voli in solitaria ho iniziato a pianificare la mia grande impresa.
Volevo seguire la traiettoria completa del globo seguendo la rotta più lunga, quella equatoriale. Per questa occasione avevo scelto un bimotore Lockheed Electra e Fred Noonan come navigatore. Siamo decollati da Miami il 1 giugno 1937 facendo rotta verso est. Nello stesso mese abbiamo raggiunto il Sud America, l’ Africa, l’ India e l’ Indocina, arrivando a Lae, in Nuova Guinea percorrendo circa 35000 chilometri.
Avremmo dovuto affrontare l’ultimo balzo attraverso l’Oceano Pacifico ma il 2 giugno, dopo il decollo da Lae alla volta di Howland Island – a oltre 4000 chilometri – ci siamo dispersi.
Sì, per avverare i propri sogni e sentirsi completamente realizzate, dobbiamo mettere in conto di rischiare. Più è grande il sogno più è grossa la posta in gioco. Senza coraggio né tenacia non avrei mai realizzato nulla. Senza il sostegno delle persone che ho conosciuto nella mia vita neppure.
Le tracce del Lockheed Electra si sono perse circa 1000 chilometri dopo Lae e nonostante una mobilitazione di navi e aerei di soccorso, non siamo mai stati ritrovati. Il mistero della mia scomparsa ha contribuito ad alimentare il mio mito. Sulle cause e il luogo dell’incidente, sono state avanzate numerose ipotesi, come quella di un atterraggio di emergenza, dove si ipotizzava una nostra cattura da parte dei Giapponesi che ci avevano scambiati per spie. Altre ipotesi hanno raccontato di una mia volontaria sparizione per ricostruirmi un’altra vita. La verità è che nella vita si commettono degli errori e di certo non c’è nulla. Nonostante la nostra smania di avere tutto sotto controllo, non potremmo mai sapere cosa riserva per noi il futuro. Di certo rimane quello che lasciamo del nostro passaggio, le impronte del nostro passaggio, le nostre imprese, i desideri realizzati, i rimpianti – pochi – e i rimorsi – forse. Ma tutto questo fa parte di un gioco più grande di noi che non ci è dato di conoscere completamente ed è solo grazie allo spirito della scoperta che possiamo vivere una vita piena e ricca, una vita che vale la gioia di essere vissuta.

 

Anna Perna: formatrice ad approccio umanistico e Gestalt counselor. Lavora nel campo dell’apprendimento continuo, occupandosi del tema della consapevolezza di sé e delle competenze relazionali. Nel tempo libero è autrice e regista teatrale.