Seleziona una pagina

Chi sono gli uomini maltrattanti ?

Paola Vigarani cerca di comprenderlo attraverso una chiacchierata con Michele Poli, presidente e conselor del Centro di Ascolto uomini Maltrattanti di Ferrara. (qui, la prima parte)

 

Tutto il fenomeno della violenza di genere è fortemente intriso di stereotipi e pregiudizio. E lo è anche la visione dell’uomo con comportamento violento. Solitamente lo si associa ad un uomo di basso livello culturale, drogato e/o etilista. Chi è invece un uomo maltrattante della propria partner, ex partner o figli/e?

 

Sono io. Questo sono convinto dovrebbe pensare ogni uomo. Questo paradosso è più esaustivo di mille spiegazioni rispetto al fatto che non esiste un profilo sociale o psicologico che possa descriverlo. Spesso quello che definiamo ”alto livello culturale” risulta solo essere disperata affermazione di sé sugli altri, perché origina da un senso di mancanza. Molti “intellettuali” si considerano super partes o migliori di altri uomini e raccontano menzogne a se stessi, ancor più che agli altri, pensandosi votati all’aiuto degli altri, considerati ovviamente, inferiori e bisognosi di aiuto. Io vedo non poche affinità tra questo atteggiamento e quello assunto dagli uomini (in genere) nei confronti delle donne, così come vedo parallelismi tra questa modalità di pensiero ed il modus operandi di coloro che si professano dediti al sostegno di altri esseri umani, ma che spesso finiscono per sfruttare e abusare di coloro che dichiarano di volere aiutare.

 

Molti uomini che agiscono violenza, attivano spesso meccanismi comportamentali e psicologici come la giustificazione, la negazione, la minimizzazione e l’inversione di responsabilità. Come puoi aiutarli a scardinare questi meccanismi così evidenti e consolidati per divenire consapevoli del vero problema e disagio?

 

Innanzitutto si deve essere in grado di riconoscere queste operazioni. Poi si procede nell’evidenziare i problemi: invertendo i processi di pensiero, facendo immedesimare gli uomini nel ruolo di chi subisce questi inganni o – e questa è la forza che deriva dal lavorare in gruppo – facendoli riconoscere negli altri, per poi ribaltare improvvisamente su di loro tali consapevolezze. Un grosso strumento consiste nel portare coerenza nei loro vissuti e nei loro pensieri. La violenza implica anche che si stia violando la realtà delle cose e delle persone. Ad esempio, concepire la donna in quanto donna inferiore a sé, non è un dato riscontrabile nella realtà, quindi, semplicemente portando coerenza nel pensiero rispetto al reale, si consente agli uomini di ritrovare la forza del vero – forza umana che contrasta la violenza che è sempre negazione dell’esistente – capace di farli sentire integrati e partecipi alla vita sociale. Proprio perché sono collegati alla realtà, sono poi più capaci di affrontare i problemi relazionali con le relative conseguenze. In tal modo si riappacificano con sé stessi e con gli altri e possono così trovare la loro strada nel mondo. Sottolineo la loro e non la mia. Poi ci sono tecniche più profonde che non posso spiegare in questo spazio e che richiedono grande esperienza personale dei meccanismi della violenza.

 

Nella dinamica della violenza le donne vengono umiliate, denigrate e svalorizzate, ma poi dopo percorsi anche molto lunghi, quando decidono di lasciare il partner, la violenza si acuisce. Quando le donne pian piano trovano la forza per sottrarsi alle violenze subite, l’uomo paradossalmente inizia a pretenderle. L’acquisizione di libertà viene vissuta da alcuni uomini come un gravissimo atto d’insubordinazione, che può portare l’uomo stesso alla distruzione totale della partner. Si tratta di un meccanismo ambi-tendente: prima ti considero inutile poi non posso vivere senza di te. Come spiegano gli uomini questa ambivalenza?

 

Come dicevo prima, analizzare questa contraddizione è una chiave importante per ricondurre gli uomini ad un modo di vivere più coerente e nonviolento. Semplificando e per esplicitare facilmente il manifestarsi del fenomeno del maschio controllante, posso elencare una serie di considerazioni:

 

– gli uomini cresciuti nell’incapacità di riconoscere e valorizzare le proprie sensazioni ed emozioni, perché è così che vogliamo gli uomini che ne siamo consapevoli o no, facilmente distorcono gli agiti dell’altra;

 

– l’abitudine culturale e/o derivante dalla propria storia personale a svalutare gli agiti delle donne favorisce il travisamento di ciò che è importante in una relazione;

 

– l’incapacità di accedere alla discussione come modalità accettata e condivisa di confronto, è sostanzialmente preclusa agli uomini che, o tacciono e subiscono le scelte della partner, oppure, quando si percepiscono passivi nella relazione e quindi inutili (pur avendo deciso loro di non mettersi in gioco) menano e prevaricano. oppure esigono di farsi servire;

 

– sappiamo che gli uomini non possono permettersi di mostrarsi in difficoltà o in errore perché dovrebbero accettare di fare emergere emozioni e sentimenti di fragilità. Questo,per loro, significherebbe mostrarsi deboli e dunque “sottoposti” alle donne, ma anche agli altri uomini. Non dimentichiamo che nei rapporti tra uomini la competizione è sempre innescata e determina un cortocircuito del maschile, che genera comportamenti contraddittori e autolesionisti;

 

– i maschi abbracciano un concetto di libertà soggettiva che ha uno statuto autistico, ovvero, non prevede si possa edificare attraverso una relazione, ma fa riferimento al diritto in senso astratto; non prevede la propria parzialità o lo sperimentare i limiti come una risorsa, ma pensa anzi che mors tua vita mea e homo homini lupus siano inevitabili condizioni dell’umano e soprattutto, del maschio;
In questo quadro l’amore è letto come dipendenza e condizione fragile, perché induce a confondersi con l’altro/a e perciò va controllato e delimitato in ogni modo. Si pensi all’immaginario pornografico quale disconoscimento dell’amore come motore del mondo.

 

– Infine, ma potrei continuare a lungo, tutte queste paure non sono solo questioni psicologiche, ma reali pericoli che gli uomini corrono, qualora escano da questo pensiero stereotipato in presenza di una collettività maschile e a volte anche femminile complice. Il bullismo è ad esempio, uno strumento di “educazione” dell’uomo. Il ragazzo viene violentato dai compagni maschi se non si adegua al pensiero e comportamento maschilista fatto di ruvidezze, competizione e prevaricazione.

 

Se sono riuscito a spiegarmi, comprenderai che una situazione paradossale come quella della domanda, può diventare un tragico vissuto dotato di una sua credibilità. Una sorta di lucida follia, che però oggi sappiamo smontare. Gli uomini finiscono per sentirsi vittime delle donne attribuendo loro il potere di generare le sofferenze; un potere che il pensiero patriarcale stesso ha generato: esempio classico è il potere della seduzione attribuito alle donne e negato all’uomo. Dai nostri gruppi del Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti di Ferrara escono uomini più consapevoli rispetto ad una relazione, anche monogamica, che possa essere vissuta come un’avventura avvincente, nella quale protagonisti possono essere il proprio sé, l’altra, gli altri, l’umanità tutta. Con nuova umiltà sperimentano un inconsueto e originale modo di essere padri, maschi e cittadini responsabili.