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“Un’abilità che si allena nella speranza di non dovervi mai ricorrere, ma che potrebbe salvarci la vita”: Paola Vigarani ha intervistato Sergio Rosi, istruttore di difesa personale.

 

Sergio sei istruttore di Krav Maga. Ci puoi spiegare perché questa disciplina possiede tecniche utili alla difesa personale? Da quanto risale la tua formazione? Perché ti sei avvicinato alla difesa personale?

 

Da un punto di vista meramente tecnico, il Krav Maga non è molto dissimile da altre discipline marziali o sport da combattimento più noti e familiari al grande pubblico. Ciò che lo contraddistingue è il fatto che è stato specificatamente assemblato e sviluppato come sistema di difesa personale; quindi non con finalità sportive, bensì con l’intento preciso di fornire ai suoi praticanti gli strumenti più semplici e diretti per difendersi da un’aggressione a mani nude o armata. Mi sono avvicinato al Krav Maga nel 2008, spinto soprattutto dalla curiosità e dal desiderio di praticare una qualche forma di arte marziale. Quello che è iniziato come un semplice hobby, si è in breve tempo trasformato in un’autentica passione e in seguito, nel corso degli anni, nella mia professione di istruttore.

 

I tuoi corsi sono frequentati da uomini e donne. Quali sono le motivazioni che spingono gli uomini e quali le donne?

 

Tendenzialmente, le due motivazioni principali che spingono tanto gli uomini quanto le donne a intraprendere questo percorso, sono la volontà di acquisire conoscenze di autodifesa con cui potersi proteggere e la ricerca di un’attività fisica grazie alla quale tenersi in forma e smaltire lo stress. Si tratta di una disciplina che attrae persone dai background più disparati, di ambo i sessi e di tutte le età. Nel caso degli adolescenti, talvolta sono i genitori che si sentono un po’ più tranquilli sapendo che i propri figli hanno ricevuto questo tipo di addestramento.

 

Pensi che per una donna sia importante e/o necessario un corso di difesa personale? Quali sono le difficoltà pratiche che le donne incontrano maggiormente durante il percorso?

 

Sono convinto sia importante per chiunque, per la stessa ragione per cui tutti dovrebbero possedere le competenze minime di base per eseguire un massaggio cardiaco o per usare un estintore. In inglese esiste l’espressione “life-saving skill”. Per me la difesa personale è esattamente questo. Un’abilità che si allena nella speranza di non dovervi mai ricorrere, ma che potrebbe salvarci la vita. Dalla mia esperienza, gli ostacoli maggiori che le donne incontrano nella pratica di questa disciplina sono spesso legati a blocchi emotivi che rendono loro difficile entrare in contatto con la propria aggressività e di conseguenza esprimerla esteriormente. Per molte donne risulta inoltre difficoltoso, almeno inizialmente, sentirsi a proprio agio nel lavorare a stretto contatto fisico con persone quasi sconosciute. Gli allievi di sesso maschile non sono immuni da questi blocchi, ma per le donne il tempo necessario a scardinarli è più prolungato.

 

Pensi che un corso di difesa corrisponda anche ad un percorso di consapevolezza? Se si, perché?

 

Ritengo sia così, sotto più di un punto di vista. Anzitutto, la consapevolezza dell’ambiente che ci circonda e la capacità di analizzare lucidamente una situazione di potenziale pericolo, sono fondamentali per prevenire ed eludere una minaccia prima che essa si concretizzi. Occorre potersi fidare del proprio istinto, quando questo coglie i segnali di un conflitto imminente, riconoscendo l’ego come un pessimo consigliere. In secondo luogo, credo che una delle lezioni più preziose che la pratica del Krav Maga possa impartire sia quella della consapevolezza della propria resilienza. Imparare a combattere e a proteggersi porta spesso le persone a scoprire di essere meno fragili di quanto non avrebbero immaginato, fisicamente, mentalmente ed emotivamente. Al tempo stesso, confrontarsi con regolarità con scenari di aggressione e violenza, le rende consapevoli della propria vulnerabilità e di conseguenza, dell’importanza di fare tutto quanto in loro potere per evitare lo scontro fisico.

 

Le donne che subiscono violenza tra le mura domestiche sono molte: come ti è possibile aiutarele a modificare lo stato di paura e terrore, mantenendo così una lucidità che permetta loro di preservarsi ed evitare la violenza fisica ed eventualmente anche quella sessuale?

 

Purtroppo non è possibile annullare la paura nell’essere umano, poiché essa è il frutto di reazioni chimiche e biologiche, che in condizioni di forte stress sfuggono al nostro controllo. Il meglio a cui possiamo ambire è costruire una memoria muscolare in grado di operare efficacemente anche in tali condizioni. L’allenamento del Krav Maga non prevede solo l’apprendimento di tecniche e movimenti, ma anche la costante esposizione ad esercizi che pongono l’allievo in situazioni di disagio e posizioni di svantaggio, al fine di sviluppare la capacità di “funzionare” ad un livello più fisico ed istintivo che intellettuale e razionale.

 

Nell’immaginario collettivo, pensando ad una violenza improvvisa ed imprevedibile in strada o in qualsiasi luogo aperto, si spera sempre ci possa essere qualcuno che accorra in aiuto della mal capitata. Perché al contrario, secondo il tuo parere quando una donna chiede aiuto all’interno della sua casa che dovrebbe essere il luogo preposto alla sua sicurezza, quasi mai i vicini di casa accorrono o intervengono, anche solo chiamando le forze dell’ordine?

 

La diffusione di responsabilità è un fenomeno ampiamente documentato dalla psicologia sociale: in uno scenario emergenziale si tende a volersi convincere che sarà qualcun altro ad assumersi la responsabilità di intervenire e prestare soccorso. Essere semplici testimoni permette di rimanere all’esterno, al sicuro da qualunque coinvolgimento diretto.

 

Hai conosciuto donne vittime di violenza nella relazione d’intimità che sono riuscite ad allontanarsi dal partner con comportamento violento a seguito di un corso di difesa personale? O da uno stalker?

 

Attraverso alcuni progetti svolti in collaborazione con enti di formazione e centri antiviolenza, ho avuto modo di conoscere e di lavorare con donne vittime di violenza nell’intimità e di stalking. Mi piace pensare che il lavoro svolto assieme abbia aiutato loro a guadagnare maggiore fiducia in se stesse, nella propria individualità e nella propria voce. Ciò detto, penso che la difesa personale possa fornire unicamente un supporto, ma non una soluzione a lungo termine a questo tipo di problematiche che necessitano, prima di ogni altra cosa, di ascolto e sostegno psicologico.
Quali differenze psicologiche e comportamentali riscontri nel tuoi corsi tra una donna che non ha mai subito violenza, rispetto a chi invece purtroppo l’ha subita? Posso essere queste modalità bloccanti al completo svolgimento del corso?
I blocchi a cui accennavo poc’anzi possono essere molto più forti in una donna che è stata vittima di violenza. La capacità di esprimersi in modo deciso e assertivo, con la voce, con lo sguardo o con il linguaggio non verbale, in vari ambiti della vita quotidiana, non solo in un contesto di difesa personale, può risultarne compromessa in maniera evidente. Ciascun caso è a sé. Per alcune persone questi blocchi si rivelano insormontabili, mentre per altre è solo una questione di abbatterli gradualmente. Mi viene in mente l’esperienza di un’allieva che da bambina era stata afferrata per il collo e sollevata da terra da una coetanea. Da quel giorno il solo sentirsi delle mani attorno alla gola era sufficiente a paralizzarla ed era convinta che questo le avrebbe impedito di allenarsi nel Krav Maga (le difese da strangolamenti sono parte del curriculum dei corsi principianti). Fortunatamente, acquisendo fiducia nei propri compagni di allenamento e nell’ambiente controllato della palestra, è riuscita a superare questo blocco.