L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la medicina di genere come lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona.
Il corpo femminile per molto tempo è stato visto come “variante” del corpo maschile, ad esso riconducibile. Solo negli ultimi anni c’è stata una presa di coscienza globale sull’importanza di prendere in considerazione le differenze – biologiche e socio-culturali – in ambito medico, in quanto si è reso evidente come determinate patologie abbiano una diversa incidenza, sintomatologia ed esiti diversi tra uomini e donne, e come si debba quindi tenere conto di tali differenze in tutte le fasi del percorso di cura, dalla diagnosi al trattamento.
Implementare una medicina attenta al genere inteso non solo come prerogativa biologica ma anche qualità indotta da cultura e società, dovrebbe migliorare e personalizzare la diagnosi e la terapia delle malattie e ridurre così gli errori nella pratica medica.
Giovanna Petrella. Nata a Foggia nel 1981, si trasferisce a Modena dove consegue la Laurea in Medicina e Chirurgia e successivamente la specializzazione in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica. L’ambito ricostruttivo è il suo punto di interesse, così decide di effettuare diverse esperienze all’estero per ampliare sempre più le competenze microchirurgiche ed affinare le tecniche ricostruttive. Al termine della Specializzazione entra a far parte dell’U.O. di Chirurgia Mano e Microchirurgia del Policlinico di Modena dove, nonostante la giovane età, si costruisce una casistica operatoria ampia che spazia dalla traumatologia ai reimpianti. Si occupa di chirurgia elettiva come sindrome del tunnel carpale, de quervain, dita a scatto, neurolisi e tenolisi, malattia di Dupuytren, patologia malformativa, patologia artrosico degenerativa. Autrice di articoli scientifici su riviste nazionali e internazionali, ha partecipato a numerosi convegni come relatrice.
Come vivi nella tua esperienza professionale il peso delle differenze: uomini e donne, giovani e vecchi, etnie differenti?
Che bella domanda…quotidianamente come chirurgo “donna” avverto molto il peso delle differenze di genere. Faccio un lavoro da “uomo” quindi quotidianamente devo far fronte a preconcetti culturali in cui la mia figura estetica non rappresenta quello che l’immaginario collettivo si aspetta di trovare in una sala operatoria o in un pronto soccorso o in un reparto di degenza. Spesso mi sento dire… “ma è lei che mi opera?” Così giovane? Non c’è un dottore?”
Chi mi pone queste domande? In realtà sono adulti, indipendentemente se uomini o donne, poveri o ricchi, laureati oppure no.
In camice bianco ognuno di noi si immagina un uomo di mezza età, esattamente come il principe azzurro, che deve avere i capelli biondi!
Ecco io sono come il principe azzurro, ma con i capelli rossi…nessuno se lo aspetta!
Lavorando nel dipartimento delle emergenze/urgenze ho molti/e pazienti che si fanno male durante sul lavoro, nello sport, nel bricolage oppure sono traumi della strada o peggio ancora ,incidenti domestici. Sono giovani e adulti, sono persone molto anziane ma possono essere anche bambini.
Esistono modi differenti di affrontare lo stress post traumatico. Spesso ne derivano forme più o meno gravi di disabilità. Non c’è molta differenza di reazione tra uomini e donne, perché il denominatore comune che sconvolge tutti allo stesso modo è l’immediata interruzione dei ritmi di vita frenetici. Questo stop obbligato rende tutti più vulnerabili, perché apre uno spazio vuoto in cui ci si può fermare a pensare, ma purtroppo non siamo più allenati a questo.
Avverto il peso delle etnie differenti? Certo.
Quando arrivano pazienti stranieri con barriera linguistica è fondamentale parlare inglese per metterli a loro agio. Immaginiamoci bisognosi di cure in un paese straniero, saremmo terrorizzati! Devo ammettere che sono fortunata, perché lavorando in una azienda molto attenta alle diversità, possiamo contare su un servizio di mediazione culturale di alto livello, così da poter eseguire le prestazioni sanitarie nel modo più chiaro possibile e nel rispetto dell’essere umano. Viviamo in un territorio multiculturale, dove non possiamo più far finta di niente. Lo sapete che nei mesi del Ramadan aumentano le incidenze di infortuni sul lavoro nelle ore pomeridiane? Gli operai che rispettano il digiuno avvertono maggiore stanchezza nelle ultime ore della giornata lavorativa con conseguente predisposizione alle disattenzioni. E se ho bisogno di prescrivergli una terapia antibiotica, possono assumerla nel Ramadan? Si, perché una prescrizione medica per malattia può esonerare dal digiuno religioso completo dall’alba al tramonto.
Nella tua esperienza professionale quali sono le richieste e i bisogni maggiormente manifestati dalle donne?
Molte patologie che tratto quotidianamente hanno una maggiore prevalenza nel sesso femminile. La sindrome del tunnel carpale, la rizoartrosi, la malattia di De Quervain, il dito a scatto, il dito a martello, l’artrosi degenerativa delle dita lunghe, l’artrite reumatoide. Alcune di queste si evidenziano a cavallo dei 50 anni, quando il corpo della donna subisce un riassetto ormonale. Non tutte le donne sono abituate ad ascoltare il proprio corpo e a comprendere alcuni sintomi che compaiono in questa fase di transizione corporea, ormonale e psicologica. Molte tendinopatie (infiammazioni dei tendini) sono ormono-correlate, per esempio alcune donne dalle prime settimane di gravidanza e fino al termine dell’allattamento, soffrono di queste patologie infiammatorie che si risolvono autonomamente con il calo della prolattina. Negli ultimi anni ricevo molte richieste per il ringiovanimento del dorso delle mani, perché per quanto esistano lifting del volto e trattamenti estetici vari che possono camuffare l’età e rallentare i segni d’invecchiamento, le mani non mentono.
Quali sono le principali resistenze e paure che le donne esprimono nella richiesta di essere curate?
La mano è una parte anatomica molto comunicativa che esprime femminilità ad ogni età. Questo concetto è trasversale per le donne di ogni cultura ed etnia.
Pensiamo al Mehndi, detto anche mehandi, il tatuaggio temporaneo eseguito con hennè rosso dipinto su mani e piedi nella tradizione orientale e nordafricana per il rito nuziale, ben augurante di protezione e prosperità. Pensiamo alla fede nuziale o all’anello di fidanzamento che viene indossato sul dito anulare sinistro in tutto il mondo a prescindere dalla religione, dal sesso e dalla etnia. Un piccolo segno che comunica senza parole la presenza di una relazione, di un sentimento.
Pensiamo al giorno d’oggi l’importanza che riveste la ricostruzione estetica delle unghie e che non conosce limiti di età, tecniche e colori. Una mano curata, cambia molto il biglietto da visita e migliora molto la nostra autostima.
Ecco quindi che una cicatrice molto evidente sul dorso della mano, per una donna, può diventare un problema importante, peggio ancora la perdita di dita o di parti di esse. Superando la sfera estetica, la perdita funzionale della mano comporta una grossa perdita nella autonomia quotidiana della persona che comprende difficoltà ad alimentarsi, all’igiene personale, alla cura della casa e all’attività lavorativa che permette l’indipendenza.
Le donne mostrano di apprezzare il fatto che l’operatore sanitario sia una donna?
Credo e spero di si. Cerco sempre di inquadrare la patologia di mia competenza nella globalità della donna che visito. Avverto riconoscenza da parte delle donne per questa mia attenzione e ricevere ringraziamenti mi dà stimoli per migliorare questo approccio. Spesso mi trovo mamme spaventate con i loro piccoli che cercano consigli, altre volte mi trovo donne di etnie diverse che appaiono sorprese per il fatto di essere curate da donne e mi ringraziano all’infinito. Mi è capitato anche di dover segnalare situazioni di abusi, che sono stati dichiarati dalle signore, dopo aver instaurato un colloquio sereno ed empatico durante la visita.
Dal tuo punto di vista, essere donna, influenza il tuo approccio in rapporto alle varie età e differenze culturali?
Credo molto nel rispetto delle diversità e nei modi gentili. Ogni giorno decido di comportarmi in questo modo anche se non è sempre facile. Chi lavora tra la gente sa che spesso abbiamo a che fare con la signora “arroganza”, con il signor “tutto è dovuto” oppure “con chi alza la voce” proprio perché sono una donna. Ma è anche vero che c’è tanta gente per bene, che necessita di cure e si pone con rispetto, gentilezza ed educazione.