Il tema specifico della violenza nella relazione d’intimità è un fenomeno di intessere consolidato per Venere50.
Sono anni, ormai, che viene studiato in molti ambiti e con diversi approcci, ma per raggiungere una comprensione veramente multidisciplinare di questo fenomeno così complesso, crediamo sia necessario continuare ad analizzarlo attraverso le voci di chi l’ha direttamente subito.
Il problema della violenza maschile contro le donne è un fenomeno trasversale. I dati ci informano che colpisce donne di tutte le estrazioni sociali, professioni, età e nazionalità e ha un impatto negativo su tutti gli aspetti della vita di una donna e spesso, ovviamente, anche dei suoi figli.
Con questa intervista rivolta a donne di diverse età, vogliamo evidenziare e fare emergere le difficoltà e le problematiche che incontrano le vittime all’uscita della violenza portando il focus sulle differenze e le uguaglianze generazionali.
Y. (aveva 16 anni)
Dopo quanto tempo ti sei resa conto di vivere in una relazione con un partner maltrattante? Quali sono stati i tuoi “campanelli d’allarme”? Quando sei divenuta consapevole che stavi vivendo un disagio a seguito della violenza psicologica subita?
Lui non era il mio partner, bensì la persona che in un periodo particolare della mia vita era stata “preposta” come una delle figure professionali che avrebbe dovuto aiutarmi e proteggermi e invece ha pensato di abusare di questo ruolo più e più volte. Fin da subito una parte di me ha capito che non era “normale”, ma la paura, la chiusura e il blocco totale per diversi anni presero il sopravvento. I miei “campanelli d’ allarme” sono stati rappresentati dal fatto che si spingeva sempre di più: ogni volta era più brutta, più pesante, più distruttrice della precedente. Tante volte avrei voluto scappare anche fisicamente, benché a livello psicologico non rimanevo mai lì in quella stanza, troppo pesante da reggere, ma ero obbligata e non avevo altre soluzioni.
Mi sono resa conto del disagio anche della violenza psicologica oltre che sessuale subita solo quando realmente tutto finì e il mio diario segreto inconsapevolmente non fu più segreto.
Spesso il partner normalizza e si legittima la violenza agita, ti è capitato in una fase iniziale di comprendere le sue ragioni e di giustificarlo? Se sì per quali motivi?
Pensavo sempre di essere io quella ad aver sbagliato, mostrandomi fragile e bisognosa di aiuto senza riuscire a volte a nascondere quelle che erano le mie emozioni che urlavano dentro…
Nei primissimi momenti mi sono chiesta più volte se magari era un ulteriore modo maldestro per dimostrarmi affetto, come se avesse agito in un modo simile a quello che mi era noto come schema genitoriale.
Quando hai deciso di uscire dalla relazione violenta, hai chiesto sostegno ai tuoi genitori? Come hanno reagito?
Non ho chiesto aiuto ai miei genitori, proprio perché io dei genitori non li ho mai avuti. I miei familiari lo seppero dopo un po’ e all’inizio non ci potevano assolutamente credere, non poteva essere vero. Poi piano piano a modo loro capirono, ma anche lì il divario generazionale non fu dalla mia parte.
Hai mai subito vittimizzazione secondaria? Se si da chi?
Ho subito vittimizzazione secondaria in primis dalla sua compagna e da molte persone che giravano attorno a loro: “Non le crederete mica, ha gli attacchi di panico…”
Se avessi avuto più anni di quelli che avevi durante la relazione violenta pensi sarebbe stato più semplice o più complesso uscirne?
Con le consapevolezze che ho ora penso che se fossi stata più grande e più matura sarebbe stato sicuramente più semplice uscirne.