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Donne senza figli che hanno compiuto una loro scelta che spesso non ha nulla a che vedere con l’assenza di istinto materno o con la mancanza di amore per i bambini.

Sono loro le protagoniste del libro “Non me lo chiedete più. #Childfree, la libertà di non volere figli e non sentirsi in colpa” (ed Harpers and Collins), dell’attrice e regista Michela Andreozzi, che esplora e spiega i motivi di questa scelta di vita.

 

 

Si tratta di una serie di riflessioni e possibili risposte ad altrettante ricorrenti domande che una donna può sentirsi fare nel corso della propria vita. Soprattutto se ha deciso di non essere madre, di non procreare, di venir meno a quella funzione che i regimi totalitari (fascismo e nazismo, per citare quelli a noi più familiari) o istituzioni religiose (la Chiesa Apostolica Cattolica Romana di papa Francesco, per stare alla cronaca più recente) individuano per qualificare le donne nella nostra società: macchine produttrici di figli da donare alla gloria patria o di figlie da indirizzare il prima possibile ai loro compiti ancillari.

 

Essere donna e non essere madre è un fatto che costringe a dare delle spiegazioni, anche oggi, in questo nuovo millennio che continua a portarsi dietro i triti paradigmi patriarcali dei secoli che lo hanno preceduto. Sottrarsi per scelta (e non per costrizione, dovuta allo stato di salute o alle condizioni fisiche) al proprio compito di incubatrice di vita, rimane nella nostre società un atteggiamento da considerare con sospetto, qualcosa per cui occorre giustificarsi.

 

Con il proprio compagno, con i propri genitori, con la cerchia amicale, i colleghi di lavoro e finanche con quelli che passano di lì per caso. Certo, la lista di donne che oggi e ieri hanno preso consapevolmente questa decisione è lunga e molte di loro sono figure celebri e conosciute, come l’astronoma Margherita Hack, il premio Nobel Rita Levi Montalcini, l’attrice Sabrina Ferilli o la sua collega Valeria Golino. Tutte donne che hanno compiuto una loro scelta che spesso non ha nulla a che vedere con l’assenza di istinto materno o con la mancanza di amore o per i bambini.

 

A volte, come è facile immaginare, è stata una scelta obbligata tra maternità o carriera, ma sarebbe riduttivo limitarci a questo. Si può decidere, udite udite, di non aver figli, semplicemente perché non si desidera averne, perché si sta bene come si sta, perché non c’è nessun orologio biologico a imporre delle date di scadenza, perché quando riflette su se stessa, la donna senza figli si vede come donna e non come donna senza qualcosa.

 

Fatto che continua ad apparire bizzarro a molti e questa bizzarria, dunque, può aver bisogno di essere spiegata, come fa l’autrice di questo libro rivolgendosi a potenziali partner, genitori, infanti, amiche del cuore o perfetti sconosciuti. Ma a volte, tutte queste giustificazioni possono rischiare di trasformarsi in una superflua excusatio non petita e allora chiudiamo ricordando l’inizio di una famosa canzone di Gloria Gaynor:

“I am what I am and what I am needs no excuses”.

E tutta la questione sarebbe bello potesse risolversi con queste dodici, definitive, parole.