Chi è Eros ? (di Giovanna Rossi)
Questa domanda chiarisce il nostro punto di osservazione: non cos’è Eros, bensì chi è Eros?
Nel nostro presente siamo abituati a oggettivare. Tutto ciò che osserviamo diventa appunto “oggetto“ della nostra osservazione, oggetto passivo in un certo senso, privo di una identità precisa, sottomesso e condizionato dalle nostre aspettative.
Nel tempo antico, i valori, le grandi emozioni e i sentimenti forti erano “personificati“ e costituivano il panteon degli Dei, cui gli umani si riferivano con timore e rispetto.
Per capire Eros è giusto partire dalle sue origini dunque, da quando per tutti egli possedeva una natura divina .
La mitologia è un territorio difficile da esplorare, in quanto costituisce un patrimonio di memorie , leggende e racconti orali che si sono sovrapposti e intrecciati nei millenni. Questo patrimonio è diventato per noi occidentali parte costituente dell’inconscio collettivo ed è rintracciabile anche nel conscio che tutti ci accomuna, basti pensare ad esempio, al nostro modo di intendere il maschile e il femminile.
Nei miti più antichi ritroviamo Eros come figlio di Poros, “l’espediente” , a sua volta figlio di Metis, “la saggezza” e Penia, “la povertà”. Eros non è né un dio né un mortale, bensì una sorta di daimon che rappresenta una forza mediatrice tra mondo divino e umano e questa genealogia ce lo presenta sempre inquieto e scontento, alla ricerca di qualcosa che gli manca.
Il mito parla di un fanciullo con un grande e pericoloso potere: scatenare la passione amorosa in chi è colpito dalla sua freccia, come se non esistesse differenza tra il sentimento e il dio che lo trasmette .
Successivamente l’evoluzione del mito lo trasforma nel figlio di Afrodite e Ares, dio della guerra; da questa coppia di opposti archetipica nascono, insieme ad Eros, Fobo e Dino, rispettivamente Paura e Spavento, ma anche una figlia rassicurante, Armonia. Viene sancita così l’interessante ambivalenza tra passione e sofferenza.
Dice Saffo, la poetessa dell’isola di Lesbo: “ Eros che scioglie le membra mi scuote nuovamente: dolceamara, invincibile belva”
Con Platone (V-IV sec. a.C.) evolve ulteriormente l’impronta filosofico / teologica inerente a Eros: nel tempo senza tempo del mito i sessi erano tre, il maschio, la femmina e l’androgino. Tutti gli esseri umani avevano una sola testa e due facce orientate in direzione opposta, quattro braccia, quattro mani, quattro gambe e due organi sessuali ed erano rotondi.
Allarmato dalla loro tracotanza, Zeus disse: «Li spaccherò in due, e così non solo saranno più deboli, ma, cresciuti di numero, ci saranno di maggior vantaggio».
La perdita dell’unità crea un bisogno a ricongiungersi sessualmente, da’ l’illusione del recupero dell’antica forza: Eros viene mandato allora nel mondo per aiutare gli uomini a ritrovare l’ integrità perduta e diviene un demone la cui forza unificatrice ricongiunge ciò che è stato separato.
Quindi, passione e sofferenza, percezione della mancanza, ricerca dell’unità e della completezza erano, nel mondo antico, prerogativa del dio, un dio primigenio e oscuro, molto diverso dall’immagine dell’angioletto paffutello e capriccioso cui l’iconografia ci ha abituato dal medioevo in poi .
La mente collettiva purtroppo ha perso la connessione con i profondi fondamenti della nostra storia psichica, che sono spesso contraddittori e a volte confusi, ma ci regalano, se li sappiamo riconoscere ed elaborare, flessibilità e libertà.
Ecco, Eros, sarà guida e compagno per una ricerca nelle profondità del nostro Sé’.