Da qualche tempo si sente spesso usare l’espressione “amore tossico” per indicare una relazione di coppia disfunzionale, ma è importante non confondere questo tipo di relazione con il fenomeno della violenza psicologica all’interno della relazione d’intimità. Le cause e le conseguenze dei due fenomeni sono diverse così come diversi sono gli approcci necessari per uscirne.
Ne parliamo con Paola Vigarani, counselor clinica professionale con integrazione alla mediazione familiare, vittimologa, formatrice per operatrici nei centri antiviolenza e per operatori nella relazione d’aiuto sulla violenza di genere. Fondatrice del gruppo AMA Le Fenici – Donne insieme contro la violenza di genere. Membro dell’equipe del Centro Armonico Terapeutico – Centro di seconda accoglienza e coordinatrice dello sportello d’ascolto per vittime di violenza nella relazione d’intimità “Insieme Contro La Violenza”.
Secondo la tua esperienza professionale, che cosa caratterizza una relazione di coppia sana?
Una relazione di coppia è sana quando è libera e paritaria quando ci si preoccupa del benessere reciproco e quando oltre al rispetto si nutre stima verso il/la partner.
Quali sono invece i segnali che ci indicano che una relazione è disfunzionale?
I primi segnali di una relazione disfunzionale sono il malessere percepito più o meno da entrambi i soggetti coinvolti. Il disagio che spesso può divenire sofferenza vera e propria viene esplicitato con conflitti irrisolti, con la chiusura comunicativa, con ripicche e a volte ricatti. Sicuramente una relazione disfunzionale è quella nella quale non vi è parità e le dinamiche di potere e controllo trasformano il sentimento deformandolo in bisogno.
Quand’è che non si può più parlare di “amore tossico” ma di vera e propria violenza psicologica all’interno della relazione di intimità?
Spesso si tende ad utilizzare la locuzione “amore tossico” riferendosi ad un amore difficile, a volte impossibile, dipendente e malato. Durante i colloqui ho sentito donne associare alla definizione di relazione tossica, l’affermazione “lo amo troppo”. Non si ama mai troppo, io credo, ma a volte, quando l’amore diviene necessità e bisogno, si ama male. Oggi il modello relazionale sociale propone ancora la dipendenza psicologica del femminile al partner come “modalità normale”, pertanto occorre scardinare quella che rimane una arretratezza culturale ereditata dal sistema patriarcale e contemporaneamente diventa urgente e necessario prendere una posizione contraria e lucida rispetto alla violenza psicologica agita nella relazione d’intimità.
Preciso che la Convenzione di Istanbul sulla Prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne (2011) definisce come reato la violenza psicologica, al pari della violenza fisica e sessuale. Non si può più parlare di “amore tossico” quando l’obiettivo intenzionale del partner che mette in atto violenza psicologica ed economica è la conservazione del potere per relegare la donna ad uno stato di subalternità e di sudditanza per vedersi garantito lo status quo. Questa disparità di potere genera come conseguenza, come effetto correlato, paura del partner e contemporaneamente desiderio di proteggerlo e giustificarlo, traducendosi in una incoerenza comportamentale evidente nella persona che la subisce. La vittima vive un “doppio regime”, caratterizzato da sentimenti ambivalenti e contrastanti: l’intuito le dice di scappare, e l’amore o la dedizione di restare.
Ben diversa è la dipendenza affettiva che è un disturbo di personalità. Chi subisce violenza è confuso/a e spesso vive un conflitto interiore che rallenta l’azione, normalizza la violenza subita e alimenta un circuito a senso unico di maltrattamento/premura e coercizione/sottomissione e dipendenza. La relazione di coppia nella quale viene agita violenza ha caratteristiche precise: la deumanizzazione, l’oggettivizzazione e la negazione dell’altro, nella sua espressione emotiva e psicologica. Negare la soggettività della vittima consente al maltrattante di osservarla come oggetto per poterla usare per soddisfare i propri bisogni e assecondare i propri scopi, sostituirla, violarla, svalutarla e punirla.
Come viene agita la violenza psicologica?
Le violenze psicologiche in una relazione d’intimità sono caratterizzate da dinamiche psicologiche e comportamentali che iniziano gradualmente sotto forma di suggerimenti e consigli che hanno come tema il controllo e la gelosia ma che poi si intensificano sempre più fino a divenire divieti, vessazioni, svalutazioni, coercizioni, minacce, intimidazioni. Si parla di violenze psicologiche al plurale perché quasi sempre l’abuso psicologico, emotivo e verbale, coesiste con l’isolamento sociale e le intimidazioni.
Cosa fare se si è vittime di violenza psicologica?
Se ci si accorge di vivere in una relazione nella quale il partner agisce violenza psicologica è urgente, prima che subentri violenza fisica aumentando il rischio sulla propria incolumità, chiedere sostegno a professionisti competenti in materia di violenza di genere per allontanarsi velocemente dalla dinamica ciclica intensificazione/luna di miele. Il lavoro prioritario è un percorso di nominazione, consapevolezza e attivazione per uscire dalla relazione. Quando invece ci si accorge di vivere una relazione disfunzionale e dipendente, il lavoro terapeutico si concentra sulla persona e non sulla relazione.