di Daniela Grenzi
Il primo fantasma che andremo a scovare è un fantasma archetipico ed è il fantasma della violenza, qui declinato in violenza sessuale.
Perché è un fantasma archetipico? Perché contiene in sé delle dinamiche ancestrali, quali l’attività predatoria; ricordiamo che in tale attività gli umani superano qualsiasi altro essere vivente sulla terra.
Partiamo da quest’immagine anche perché all’interno del nostro collettivo uno spazio importante è dedicato all’accoglienza e alla cura delle donne vittime di violenza.
Condivido con voi la storia di una mia paziente, Federica (nome di fantasia) che racconta di una violenza subita da bambina da parte di uno zio materno.
Federica allora aveva 5 anni e lo zio 35. Ricorda tutto di quegli incontri sessuali con lo zio. Ha impresso nella memoria il luogo, sente ancora gli odori, percepisce le luci , c’è quindi una memoria sensoriale molto potente che mantiene viva quell’immagine.
L’incontro sessuale tra un bambino e un adulto, data la disparità psicofisca, produce un effetto devastante nella mente del bambino. Il bambino si avvicina all’adulto con un linguaggio emotivo, esprimendo un bisogno affettivo; l’adulto risponde prevaricando quel bisogno, predando il naturale sviluppo emotivo del bambino.
Data un’esperienza di questo tipo è facile, a meno che non venga rimossa , che si imprima nella mente di chi l’ha vissuta, come nel caso di Federica, uno script di immagini ad alto tasso emotivo.
Tale script inizia ad avere una vita propria e una vita in rapporto a Federica. Quando dico vita propria, intendo che una parte sfuggirà al controllo della coscienza, diventando fantasma inconscio, mentre una parte sarà a disposizione di Federica, diventando fantasma conscio. Il fantasma conscio come il fantasticare a occhi aperti, diventa un’attività che può essere organizzata autonomamente dal soggetto.
Infatti Federica, nel corso della sua vita, ha utilizzato parte di quello script di immagini, anche in maniera funzionale per la sua vita sessuale. Ci si potrebbe chiedere, com’è possibile che un’immagine legata a una violenza diventa attivatrice e facilitatrice della vita erotica del soggetto che l’ha subita.
La risposta sta nella meravigliosa complessità della psiche o come direbbe Freud, nell’esperienza perversa e polimorfa della vita sessuale umana. E’ sempre bene ricordare che la psiche non ha giudizio e quando usiamo il termine perverso è nel senso di ‘vie diverse’, non scontate. L’esempio che ho riportato in questo articolo ne è una testimonianza concreta; l’immagine di quel vissuto di Federica ha preso direzioni inaspettate e si è riconfigurata in altre rappresentazioni. Alcuni frame sono stati addirittura selezionati dal soggetto in maniera convergente al proprio obiettivo erotico mentre altre hanno preso strade diverse sfuggendo al controllo cosciente.
Oggi Federica ha cinquant’anni, ha già fatto un lungo percorso psicoterapeutico che l’ha aiutata a elaborare quella violenza, ristabilendo un’equilibrio e un’organizzazione funzionale a quell’esperienza.
Il bisogno che sta emergendo oggi in Federica, motivo per cui mi ha contatta, riguarda specificamente il lavorare sullo script di immagini di cui abbiamo parlato fino ad ora, perchè sente che non le corrispondono più, non ci si rispecchia e quindi non svolgono più un compito
Federica sta entrando in una dimensione psicofisica e identitaria nuova, si sta avvicinando alla menopausa e quindi a un cambiamento potente associabile a quello dell’adolescenza ma con segno contrario. Se nell’adolescenza la donna entra nella sua dimensione riproduttiva, nella menopausa esce da tale dimensione. Al di là del valore biologico la portata in termini psicologici è enorme, come pure le opportunità.
Federica è consapevole della potenzialità del cambiamento percepisce, per ora in maniera confusa, che quel fantasma che la rappresenta nel ruolo di preda non è più attuale. Il lavoro che stiamo facendo insieme è quello di cambiare significante e significato a quella sequenza di immagini. In ogni forma di linguaggio ritroviamo un livello superficiale che chiamiamo significante, in questo caso pensiamo alle raffigurazioni e un livello più profondo cha si riferisce al senso.
Il lavoro terapeutico con le immagini interviene su entrambi i livelli.
E siccome abbiamo detto che la psiche è un continuo immaginare, la sfida che oggi affrontiamo con Federica è quella di allargare il suo mondo immaginativo.
Partire dal fantasma che la vede come preda, trasformandolo in un fantasma dove viene eliminato l’archetipo carnefice/vittima e viene inserita una dinamica più evolutiva e gentile oltre ad essere un obiettivo di cura è un gesto d’amore verso se stessa.
Daniela Grenzi: si laurea prima in Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo presso l’Università di Bologna e poi consegue la laurea Specialistica in Psicologia presso l’Università di Padova. Continua gli studi in ambito psicologico specializzandosi in Psicoterapia Analitica ad indirizzo junghiano.