Il tema specifico della violenza nella relazione d’intimità è un fenomeno di intessere consolidato per Venere50.
Sono anni, ormai, che viene studiato in molti ambiti e con diversi approcci, ma per raggiungere una comprensione veramente multidisciplinare di questo fenomeno così complesso, crediamo sia necessario continuare ad analizzarlo attraverso le voci di chi l’ha direttamente subito.
Il problema della violenza maschile contro le donne è un fenomeno trasversale. I dati ci informano che colpisce donne di tutte le estrazioni sociali, professioni, età e nazionalità e ha un impatto negativo su tutti gli aspetti della vita di una donna e spesso, ovviamente, anche dei suoi figli.
Con questa intervista rivolta a donne di diverse età, vogliamo evidenziare e fare emergere le difficoltà e le problematiche che incontrano le vittime all’uscita della violenza portando il focus sulle differenze e le uguaglianze generazionali.
T. anni (aveva 38 anni)
Dopo quanto tempo ti sei resa conto di vivere in una relazione con un partner maltrattante? Quali sono stati i tuoi “campanelli d’allarme”? Quando sei divenuta consapevole che stavi vivendo un disagio a seguito della violenza psicologica subita?
Me ne sono resa conto dopo circa un anno dall’inizio della relazione. I campanelli di allarme sono stati l’essere stata aggredita per futili motivi, i primi tempi solo verbalmente e poi il fatto che reagisse in modo spropositato ad alcuni miei comportamenti innocui e l’eccessiva gelosia. La consapevolezza del mio disagio è stata pressoché immediata, ma non sapevo come reagire. Io davvero non riuscivo a capire il perché si arrabbiasse così tanto per motivazioni inesistenti, tipo preparare un piatto anziché un altro per pranzo o dimenticarmi di comprare qualcosa. Mi vietava anche di andare in palestra.
Spesso il partner normalizza e si legittima la violenza agita, ti è capitato in una fase iniziale di comprendere le sue ragioni e di giustificarlo? Se sì per quali motivi?
Mi è capitato di giustificarlo in alcuni dei suoi atteggiamenti violenti perché ho pensato realmente che lo stessi trascurando.. A volte ero piena di sensi di colpa e mi capitava di scindere l’idea che avevo di lui in persona buona e cattiva. Spesso l’idea positiva che avevo di lui prendeva il sopravvento e mi impediva di prendere una decisione risolutiva riguardo il rapporto che avevo con lui.
Quando hai deciso di uscire dalla relazione violenta, hai chiesto sostegno ai tuoi genitori? Come hanno reagito?
Ho chiesto sostegno a mia madre che ha capito e mi ha sostenuto, anzi, da tempo mi consigliava di lasciarlo perché aveva capito, ma io non le davo ascolto. Inoltre, avendo avuto anche lei un marito violento (mio padre), l’ultima cosa che avrebbe voluto era quella di vedere sua figlia vivere la stessa esperienza. Io stessa non avrei mai pensato che potesse accadermi ciò che era accaduto a mia madre, invece, sono stata smentita.
Hai mai subito vittimizzazione secondaria? Se si da chi?
Sì. Amicizie comuni che non mi hanno creduta e che hanno continuato a sostenere le sue ragioni. Il medico di base che ha continuato a credere a lui sostenendo che non fosse capace di simili comportamenti, che fosse una persona leale, sincera e simpatica. Una parte della mia famiglia che non voleva mi separassi per una presunta questione di pregiudizi sociali. Fortunatamente però, la maggior parte delle persone che conoscevano sia lui che me sono state dalla mia parte.
Se avessi avuto più anni di quelli che avevi durante la relazione violenta pensi sarebbe stato più semplice o più complesso uscirne?
Nel mio caso penso che forse sarebbe stato più semplice, chissà, forse avrei avuto il coraggio di chiudere prima magari alla luce di una consapevolezza più profonda. L’esperienza e la vita mi hanno insegnato ad avere più coraggio, quel coraggio che forse in alcuni periodi della mia esistenza mi è mancato.