L’ossessione per la verginità è una patologia culturale trasversale, geograficamente e religiosamente. In alcuni paesi, come l’Indonesia, questa ossessione è stata legge fino a pochi giorni fa, quando finalmente il capo di stato maggiore dell’esercito, il generale Andika Perkasa ha annunciato l’eliminazione del test della verginità per le aspiranti donne soldato.
Carlotta Sisti ha scritto un interessante articolo per Elle in cui ricostruisce la storia e il contesto in cui l’obbligo di illibatezza, per decenni, ha costretto un numero imprecisato di giovani donne a sottoporsi all’umiliante e vergognoso test che prevedeva l’inserimento di due dita nella vagina delle ragazze che volevano entrare nell’esercito, per verificare che il loro imene fosse ancora intatto.
L’Indonesia, con i suoi 250 milioni di abitanti, è il più grande paese musulmano del mondo e l’affrancamento da questo tipo di pratica è stato purtroppo ostacolato anche da una parte della popolazione femminile, riunita in associazioni che difendevano posizioni ultraconservatrici e antifemministe. Fortunatamente la pressione esercitata da altre donne indonesiane, sostenute da organizzazioni per i diritti umani, sono riuscite a far capitolare i vertici militarli fino a convincerli a cancellare questo inaccettabile (oltre che discriminatorio) ”esame di idoneità”.
Questo annuncio non si è ancora trasformato in un atto ufficiale e dunque è lecito accoglierlo con la doverosa prudenza, ma se dovesse veramente concretizzarsi, questo significherebbe che la componente femminile dell’esercito indiano potrebbe superare l’attuale 10%, aprendo a molte giovani donne possibilità di carriera fino ad oggi negate.