Lo scorso 25 ottobre, il Cile ha vissuto probabilmente la sua giornata più importante da quando, nel 1980, il dittatore Pinochet aveva fatto approvare una costituzione che legittimava il suo governo golpista.
Con un nuovo referendum, che ha visto la partecipazione del 78% dell’elettorato, il popolo cileno ha compiuto due grandi passi: il primo è stato quello di cancellare una carta che rifletteva ancora il carattere antidemocratico di una costituzione imposta col potere del terrore e delle armi, ma l’altra, non meno importante è stata di rinnovare completamente l’Assemblea Costituente, imponendo che questa debba essere composta dallo stesso numero di uomini e donne.
Un evento storico non solo per il Cile, ma per il resto del mondo che ha potuto seguire quanto e come le donne cilena abbiano saputo, per l’ennesima volta, farsi motore di profondi cambiamenti sociali e di importanti rivendicazioni, come già era avvenuto in passato, dalle rivolte minerarie all’inizio del secolo scorso, passando attraverso le conquiste di equità sociale durante il governo Allende o la loro opposizione a Pinochet durante gli anni della dittatura.
E le donne sono e saranno al centro di questa nuova fase della storia cilena, imponendo una discussione attorno al loro ruolo, al diritto di piena partecipazione, alla necessità di acquisire un ruolo politico e decisionale capace di cambiare realmente e profondamente una società in cui il gender gap sta diventando un elemento di confronto, discussione e protesta sempre più centrale.