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Tradizione o evoluzione? Questa domanda , seppur magari non espressa in modo diretto e manifesto, sembra aleggiare, sospesa tra le strade di Buenos Aires e di altre città argentine e si insinua poi oltre le porte che si aprono sulle sale da ballo, le milonghe, dove corpi braccia e gambe si intrecciano, muovendosi al ritmo di un ballo chiamato tango.

 

Tradizione o evoluzione, dunque? Su Facebook è possibile trovare una pagina intestata al MFT, il Movimento Feminista de Tango. “Il movimento femminista di Tango”, leggiamo nelle note di presentazione ” è un’organizzazione collettiva orizzontale, che nasce dalla necessità delle donne di tango di unirsi per gestire strumenti e azioni volte a raggiungere efficacemente l’uguaglianza tra tutti i membri della comunità di tango: Combattiamo per eliminare tutte le forme di violenza di genere esercitato contro le donne.”

 

 

Cos’ha il tango che non va? Per il MTF questo ballo non è altro che lo specchio di un popolo immerso in una cultura fortemente machista, ma ancora di più, le milonghe troppo spesso si trasformano in luoghi di molestie, incoraggiate dal necessario contatto dei corpi, impegnati nella danza. Anche il solo ‘cabeceo’, il cenno che gli uomini rivolgono alle donne per invitarle a ballare, diventa un simbolo, un gesto che esprime un’idea di sottomissione che il MFT vuole mettere in discussione.

 

 

Dunque? La migliore soluzione, oltre a parlarne, oltre ad invitare le donne a ribellarsi alle molestie e tutelarle, come potrebbe avvenire in altri ambiti, una delle soluzioni per ”demachizzare” il tango è rivendicare invece  la fluidità e l’intercambiabilità dei ruoli, così come il movimento LGBTQ si è impegnato a fare in modo sempre più manifesto, portando nelle milonghe coppie composte da soli uomini, sole donne o da persone la cui identità sessuale non risponde a nessun canone, a nessuna precisa codificazione. Ognuno di questa è un corpo che può muoversi in armonia con un altro corpo. E questo potrebbe bastare, anche per il tango.