Quando le donne chiedono sostegno all’uscita da una relazione violenta, lo fanno narrando di pugni, calci o tentati strangolamenti. Ma nessuna lo fa per avere subìto denigrazioni, umiliazioni, vessazioni e svalutazioni. Nessuna lo fa per avere dovuto abbandonare il posto di lavoro per la gelosia del compagno o perché le viene impedito di possedere un bancomat o una carta di credito.
Solo il 18,2% delle donne italiane considera la violenza fisica subita in famiglia un reato e la percentuale diminuisce anche drasticamente se ci si riferisce alla violenza psicologica ed economica. Eppure nella dinamica di violenza nella relazione d’intimità quella psicologica ed economica sono sempre o quasi sempre associate alla violenza fisica.
Una recente indagine di Procter & Gamble, l’azienda americana di beni di largo consumo, ha dimostrato come la violenza economica sia ancora molto sottovalutata proprio dalle stesse donne che ne sono spesso vittime principali. Su oltre 500 intervistate – tutte donne over 50 – il 71% di loro ha dichiarato di trovare più umiliante la violenza verbale che non quella economica. Anche qui il retaggio culturale evidenzia la percezione femminile di normalizzazione/rassegnazione al fenomeno, perché la gestione e l’amministrazione delle finanze e del patrimonio familiare hanno riguardato da sempre gli uomini.
Eppure, uscire da relazioni violente nelle quali è stata agita violenza economica è molto più complicato. Come denunciare un compagno violento quando è l’unico sostentamento economico della famiglia?
La violenza economica ha inizio con piccoli gesti, che spesso non vengono avvertiti come un vero e proprio abuso e si finisce con la totale soppressione dell’indipendenza economica di una donna, che non può più liberarsi della vita alla quale si è trovata incatenata.
Ma in che cosa consiste la violenza economica? Con questa locuzione s’intendono tutte quelle azioni agite dal partner con comportamento violento che incidono sull’autonomia e la sopravvivenza economica della donna. Tali azioni sono finalizzate a controllare, isolare e limitare la libertà femminile.
Ecco alcuni esempi di violenza economica: controllare, limitare o addirittura negare l’accesso ai risparmi familiari, vietare o boicottare la carriera professionale, il lavoro o la formazione della donna, appropriarsi dei risparmi del lavoro della donna, occultare la situazione economica e patrimoniale della famiglia, intestare tutte le proprietà familiari all’uomo o alla donna solo in caso di fallimenti, lo sfruttamento dei guadagni della donna da parte di un marito volontariamente disoccupato.
L’impedimento alla ricerca o al mantenimento del lavoro risulta essere una delle prassi più frequenti. Numerose sono le donne che chiedendo aiuto per uscire dalla relazione violenta, dichiarano di essere diplomate e/o laureate, ma di essere disoccupate e non in cerca di lavoro. Molte si ritrovano a fare le casalinghe, in seguito all’impedimento di lavorare fuori casa per la gelosia del compagno. La fragilità economica delle donne causata dalla mancanza di risorse e la difficoltà a mantenere se stesse ed i propri figli, incide pesantemente sulla possibilità di uscire dalla violenza.
Questo dato che mette in luce il tessuto socio-economico, evidenzia anche una dinamica psicologica e comportamentale specifica che spesso si verifica all’interno della coppia. In genere la violenza nell’intimità non si caratterizza da subito nelle forme più gravi e lesive per la donna, ma inizialmente vengono messe in atto violenze di tipo emotivo e psicologico. Tale violenze psicologiche iniziano sotto forma di intimidazioni che avvengono attraverso la coercizione, le minacce, il controllo e l’isolamento sociale che caratterizza spesso la condizione in cui la donna che subisce violenza è costretta a vivere. Esso è determinato dal continuo tentativo da parte del partner di limitare od impedire alla donna i contatti all’esterno (con la rete amicale o con i propri familiari) o la possibilità di coltivare hobby o interessi. L’isolamento avviene spesso, come sopra riportato, anche attraverso l’impedimento alla donna, nonostante gli studi fatti, di lavorare ed esercitare la propria attività professionale, seguire i suoi sogni e magari realizzarsi nel mondo del lavoro, così da farle perdere punti di riferimento e di confronto sociale. L’obiettivo dell’uomo che mette in atto controllo e violenza economica è la conservazione del potere per relegare la donna ad uno stato di subalternità e di sudditanza, in modo da mantenere lo status quo.
L’abbandono del lavoro da parte della donna è l’inizio di una dipendenza economica che può essere estremamente pericolosa. Se non può più contare su un proprio stipendio, se non può più permettersi degli acquisti in autonomia, se il suo partner continua a tenere attentamente sotto controllo ogni spesa, ecco che la donna si trova in una posizione di sudditanza. La donna si trova impossibilitata ad uscirne dalla “gabbia relazionale” e modificare la propria vita.
“Ero laureata da 8 anni, lavoravo per una grande azienda e mi occupavo di risorse umane. Lo conobbi sul posto di lavoro. Aveva due anni più di me, anche lui laureato e si occupava di commerciale per la stessa azienda. Stesso stipendio. Mi piaceva il mio lavoro. Ci fidanzammo e poi ci sposammo. All’inizio tutto bene, poi però la mia responsabile andò in pensione e mi venne proposto il suo ruolo. Discutemmo, lui non era d’accordo. Io accettai ugualmente. Ebbi un aumento di stipendio e lui no. Tutto iniziò così. Le umiliazioni e le svalutazioni erano il quotidiano. Diventò morbosamente geloso, la mia promozione e il conseguente aumento di stipendio erano riconducibili ad una presunta relazione che mi attribuiva con il direttore. Non potevo intrattenere conversazioni con nessuno, non potevo fermarmi alla macchina del caffè. Ero una troia. Dopo otto mesi rimasi incinta e terminato il periodo di maternità mi impedì di rientrare al lavoro. Ora porta a casa lo stipendio solo lui e io devo chiedergli i soldi anche solo per fare la spesa. Ora la violenza è diventata anche fisica. Non so dove andare, non so come fare.” (Anna- Le Fenici)