Seleziona una pagina

Sono tantissime le donne che ci raccontano le loro esperienze, le difficoltà, ma anche i successi in una società in cui uomini e donne posseggono gli stessi diritti, ma non le stesse opportunità, non solo in famiglia, ma anche nel lavoro e nella vita sociale. Venere50 ha scelto alcune di loro ed ad ognuna di esse ha chiesto di raccontare la loro storia.
Questa settimana Paola Vigarani ha incontrato Beatrice Schiros, 51 anni, attrice.

 

 

Nel 1995 Beatrice Schiros si è diplomata alla Scuola del Teatro Stabile di Genova, dopodiché ha iniziato a lavorare in teatro con diversi registi tra i quali Marco Sciaccaluga, Massimo Navone, Giampiero Solari, Giorgio Scaramuzzino e Gabriele Vacis.
In televisione ha preso parte a Cameracafè e ha recitato nelle serie Fuoriclasse di Riccardo Donna, in Bentornato Nero Wolfe, sempre per la regia di Donna, ne I Capatosta di Juri Rossi, e in Provaci ancora prof di Tiziana Aristarco,
Al cinema ha recitato nei film La pazza gioia di Paolo Virzì, Bestia di Francesco Barozzi, Il tuttofare di Valerio Attanasio e Thanks for Vaselina di Gabriele di Luca.
Ha vinto il premio Mariangela Melato come migliore attrice per lo spettacolo “Thanks for vaselina” di Carrozzeria Orfeo e il Premio Hystrio per lo spettacolo Animali da bar di Carrozeria Orfeo, E’ stata premiata anche come migliore attrice al Roma Web Festival 2017.

 

 

Beatrice hai effettuato numerose performance e letture tematiche per i centri antiviolenza di tutta Italia. Cosa ne pensi della violenza agita per mano maschile sulle donne e che valore dài alla tua partecipazione attiva per contrastare questo fenomeno così diffuso?

 

La violenza di genere è uno scempio. Penso sia un fenomeno terribile che riguarda tutte le donne senza esclusione. Se ne sente parlare sempre più spesso, in televisione e nei quotidiani, ma evidentemente non basta, perché nulla sta cambiando. La violenza sulle donne è una tragedia umana. Viviamo in tempi di poco rispetto e poca considerazione della donna. Partecipare attivamente mi fa molto piacere. Con la mia presenza attiva e la mia voce, porto anche il mio dissenso e il mio essere contro. Qualche anno fa a Modena, davanti al tribunale, ho partecipato ad una manifestazione di protesta dei movimenti femminili e femministi per protestare contro la pena, ritenuta da molte inadeguata, relativa al femminicidio di una giovane donna carpigiana di nome Barbara Cuppini. Eravamo tutte donne e un passante uomo ci urlò dicendoci di andare a lavorare. Ci vuole coraggio a metterci la faccia in un paese così culturalmente arretrato come il nostro. Ci vuole coraggio perché calarsi nella dinamica violenta procura disagio e dolore. Non sei più solo spettatrice. Senti il brivido della tragedia che ti scorre dentro, senti il gelo. In quell’occasione ho sentito la forza e l’assertività di tante donne che erano lì a manifestare, perché chiunque di noi avrebbe potuto essere al posto di Barbara.

 

Hai avuto conoscenti, amiche e/o colleghe vittime di violenza? Chi sono secondo te le donne vittime di violenza?

 

Colleghe di lavoro no, nessuna che io sappia. Penso ci sia ancora tanta vergogna a parlare. Amiche invece, purtroppo si. Per me le donne vittime di violenza sono donne come tutte, ne più fragili, ne con meno strumenti di me e di te. Donne di tutte le età. Anche della mia. Donne come noi che hanno avuto la sfortuna di incontrare o di innamorarsi dell’uomo sbagliato. Le mie amiche non se la sono andata a cercare.

 

ll movimento #MeToo ha spinto numerosissime attrici straniere ed italiane a denunciare le molestie sessuali subite da colleghi attori, registi e produttori. Facendo la tua professione si ha la percezione della diffusione di questp fenomeno?

 

No, in ambito teatrale non ho questa percezione. In questo senso penso che il teatro sia diverso rispetto al cinema. Quello che però ancora esiste, anche in teatro, è la diversità di genere. Anche in teatro regna il maschilismo. I ruoli da protagonisti sono prettamente maschili. I ruoli maschili sono più numerosi di quelli femminili e quindi i maschi hanno più possibilità di lavoro rispetto a noi donne. Le donne hanno compensi più bassi dei colleghi maschi. Monica Guerritore intervistata in merito al movimento del #MeToo, disse una frase che condivido, “Nel mondo dello spettacolo le donne sono state considerate portatrici di femminilità e non di creatività, spesso non sono valutate per le loro reali capacità, ma per la presenza fisica”. Anche in teatro spesso le attrici vengono selezionate seguendo i canoni di bellezza, piuttosto che per il talento. Per gli attori maschi non è così. Penso che dovrebbe cambiare il modo femminile di percepire il potere degli uomini sulle donne.

 

Spesso hai interpretato ruoli di donne con un femminile sofferto: uteri in affitto, aborti come scelte obbligate e sofferte, dipendenza affettiva verso uomini maltrattatori. Che idea ti sei fatta dell’universo femminile entrando empaticamente in queste personalità così complesse e sofferte?

 

L’universo femminile che spesso ho interpretato è effettivamente un femminile sofferto che non considera come elemento rilevante per la propria vita la bellezza e la cura del corpo. Negli anni mi hanno sempre più peggiorata esteticamente. Olga, Mirka, sono solo alcune donne straordinarie, brutte sì, che però raccontano un quotidiano con una profonda ricchezza d’animo, con grande sensibilità. Sono donne molto forti, a volte aggressive, ironiche che nascondo però grandi fragilità proprie del femminile. Donne che ti fanno ridere e che dopo due secondi ti fanno commuovere. Tutte accumunate dalla voglia di vivere il grande amore. Tutte alla ricerca disperata del grande amore. Tutte mettono in scena il classico stereotipo femminile di incompletezza nel rimanere sole. Tutte alla disperata ricerca della mezza mela mancante. Penso che questo aspetto sia diffuso oggi come ieri. Io invece penso sia meglio sole che male accompagnate. Da diversi anni sono single e mi basto a me stessa. La mia non è una scelta facile, ma credo di meritarmi un uomo che mi rispetti, che consideri la relazione alla pari, che ami il mio lavoro e che sappia aspettarmi. Non ho più tanta voglia di scendere a patti, perdendo la mia autonomia.

 

Che insegnamento sul femminile hai ereditato da tua madre?

 

Mia madre mi ha insegnato tantissimo. Diceva a se stessa: “guarda la mia Bea, guardati come sei bella”.Mi ha insegnato a credere in me stessa. Mi ha insegnato a non mollare mai, perché da sola ce l’avrei sempre fatta. Mi ha insegnato a rispettare me stessa e il mio prossimo, ma a farmi rispettare dagli altri.