Lo stereotipo è la componente cognitiva alla base del pregiudizio, ossia quell’opinione positiva o negativa su gruppi o soggetti, non documentata, che formuliamo precedentemente, senza avere nessuna prova o supporto.
Tra gli obiettivi principali del lavoro di Venere 50 c’è proprio quello di andare ad esplicitare gli stereotipi che spesso inconsapevolmente determinano le idee e le rappresentazioni che abbiamo del mondo.
Gli stereotipi di genere sono l’insieme rigido di credenze condivise e trasmesse socialmente, su quelli che sono e devono essere i comportamenti, il ruolo, le occupazioni, i tratti, l’apparenza fisica di una persona, in relazione alla sua appartenenza di genere.
Come redazione del collettivo Venere 50 inauguriamo un ciclo di confronti sul tema degli stereotipi di genere con donne di diverse età, intervistando le tante donne che compongono l’équipe del Centro Armonico Terapeutico.
Questa settimana ne abbiamo parlato con
Silvia Castelli, psicologa psicoterapeuta a orientamento junghiano. Socia della cooperativa sociale LuneNuove e operatrice di Pet Therapy Relazionale Integrata. Porta avanti percorsi di Interventi Assistiti con gli Animali con l’èquipe multiprofessionale del centro CAT, oltre ad essere tra i docenti della scuola di PTRI. Svolge attività clinica di psicoterapia soprattutto con bambini, adolescenti, giovani adulti e genitori.
Hai vissuto stereotipi di genere nella tua famiglia d’origine? Se sì, quali?
Si, sento che inevitabilmente ci sono state pressioni e aspettative, molto spesso implicite. Da figlia unica femmina, non posso fare confronti con eventuali fratelli maschi. Credo che anche in quel caso si sarebbero manifestate. Ricordo le mie nonne che avevano particolare premura che io imparassi a fare bene il letto, a chiudere i tortellini e a cucire. Sentivo che spinte trasgressive o voci dissonanti venivano implicitamente ed esplicitamente taciute, portando avanti il mito della “buona e brava” figlia, nipotina, bambina. Nessuno mi ha mai insegnato ad usare il trapano e non ricordo di avere avuto in dono macchinine, se non un camper. Oltretutto usato tantissimo. Quelle erano cose da maschi.
Se hai vissuto stereotipi di genere, questi sono stati manifestati maggiormente dalle figure di riferimento maschili o femminili?
Molte influenze le ho sentite dai nonni e dalle nonne, con le quali passavo molto tempo e che soprattutto portavano avanti ideali ancora ancorati a tradizioni e immagini del passato. Le mie nonne tuttavia sono state lavoratrici, quindi ho sicuramente sentito una forte spinta dallo scrollarsi via quel peso antico di aspettative su donne casalinghe e devote al focolare. In questo hanno sicuramente nutrito molto miei sogni di emancipazione lavorativa e in questo ho sempre sentito molta libertà di scelta sul tipo di strada da prendere.
Quali stereotipi di genere pensi siano più difficili da superare?
Credo che tra gli stereotipi più radicati ci siano quelli che riguardano la maternità. Ci si aspetta che sia la donna ad occuparsi dei figli nella maggior parte del proprio tempo e che sia la donna a dover riorganizzarsi dal punto di vista lavorativo. Anche se negli ideali e nelle credenze delle coppie di oggi fiorisce altro, decisamente più reciproco e alla pari, ci si trova poi a confrontarsi con un sistema che offre ai padri solamente 5 giorni dopo la nascita del propri* figli*. Ci si scontra quindi con un ordine di sistema, che spesso non è in linea con filosofie e credenze attuali. Credo possa essere una concreta soluzione poter avere un congedo che si chiami “di genitorialità” (e non maternità), per entrambi.
Come vedi il futuro rispetto alla parità di genere?
Credo si possa fare tanto, si debba fare tanto. Questi infiniti semi è necessario che vengano seminati nelle nostre vite private, nelle relazioni di coppia, nei legami genitoriali. Mi sento responsabile come genitore e piena di possibilità, ad esempio superando vecchi costrutti di rosa attribuito alle femmine e azzurro ai maschi; immaginando per mio figlio ogni possibilità e libertà sessuale; vedendo possibilità lavorative che siano legate alla passione e al talento. Posso offrire a mio figlio libertà sulla scelta dei giochi e poter tenere i capelli lunghi anche se è maschio. E posso organizzarmi col mio compagno cercando di avere un ugual tempo, da soli e insieme con nostro figlio, in modo da riuscire a tenere insieme soddisfazioni lavorative e responsabilità e gioie genitoriali. Qualcosa credo si possa fare, anche partendo dalle piccole cose, dalle piccole grandi scelte.